Aston Martin Vanquish vs Ferrari F12 Berlinetta vs Lamborghini Aventador

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Le tre supercar del momento a confronto

Aston Martin Vanquish, Ferrari F12 Berlinetta e Lamborghini Aventador rappresentano tre modi diversi di intendere il concetto di supercar. La sportiva inglese punta tutto sull’eleganza, la proposta del Cavallino sull’esclusività e quella del Toro sulla cattiveria.

Aston Martin Vanquish

Questa coupé è il modello più potente dell’intera gamma della Casa inglese. Monta un motore 5.9 V12 da 573 CV che le permette di raggungere i 295 km/h di velocità massima e di accelerare da 0 a 100 km/h in 4,1 secondi. Prezzo di 257.443 euro.

Ferrari F12 Berlinetta

Il modello più costoso (274.400 euro) della Casa di Maranello – in attesa dell’arrivo della LaFerrari – monta un motore 6.3 V12 da 740 CV e regala prestazioni decisamente vivaci: 340 km/h di velocità massima e 3,1 secondi sullo “0-100”.

Lamborghini Aventador

L’erede della Murciélago ospita sotto il cofano un motore 6.5 V12 da 700 CV ed è la più “cattiva” del lotto: 350 km/h di velocità massima e 2,9 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h. Il prezzo? 328.700 euro.

Aston Martin Vanquish vs Ferrari F12 Berlinetta vs Lamborghini Aventador: i magnifici dodici

Aston Martin Vanquish Ferrari F12 Berlinetta e Lamborghini Aventador
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di Henry Catchpole

Le tre supercar del momento a confronto

SEMBRA DI GIOCARE COL FUOCO. Sono in ritardo e questa strada che attraversa gli Appennini in una serie infinita di curve e tornanti è bagnata fradicia. Non sono proprio le condizioni ideali per guidare per la prima volta una Ferrari F12 da 740 CV. Basterebbero anche la metà dei cavalli per bruciare le Michelin posteriori in rettilineo con un lieve movimento del piede destro: figurarsi in curva sul bagnato… Ma non è solo la potenza a far paura, è ancora più difficile infilare in curva il muso della Ferrari con quel V12 nascosto sotto il cofano e con uno sterzo incisivo come la lama di un bisturi. Mi serviranno attenzione, concentrazione e anche qualcosa di più.

Quando sono costretto a rallentare in prossimità dei paesi, la concentrazione cala leggermente e al suo posto arriva un’eccitazione carica di attesa per quello che vivrò in questi due giorni. Per mettere alla prova i limiti della F12 ci aspettano, lassù sulle montagne, 1.274 CV e tanto, tanto carbonio. La Ferrari sostiene che la sua F12 è sia una GT che una supercar, visto che combina un layout “tranquillo” a motore anteriore con una dinamica esotica ispirata alla Formula 1. Così abbiamo deciso di metterla alla prova sotto entrambi gli aspetti – GT e supercar – organizzando il testa a testa più incredibile del mondo: la Ferrari contro la miglior GT V12 e la miglior supercar V12 sul mercato.

Mezz’ora dopo accosto a lato della strada. Davanti a me c’è un’altra V12 a motore anteriore e trazione posteriore, anche lei vestita di rosso, solo che sul cofano al posto del cavallino c’è il logo della Aston Martin. Dietro di lei c’è una terza macchina, una Lamborghini nero opaco con le portiere a forbice aperte e le grosse pinze arancioni che sbucano dietro gli enormi cerchi come gli occhi di un predatore nel buio.

Quando queste tre belve si incontrano il sole è appena sbucato da dietro le nuvole. Sarà un testa a testa da favola. Andiamo a conoscere le tre protagoniste di questo scontro…

La GT: Aston Martin Vanquish

LA ASTON MARTIN Vanquish è qui oggi perché per noi è la miglior GT sul mercato. È il top della gamma di Gaydon e incarna tutti i progressi fatti dalla Aston Martin in dodici anni di uso dell’alluminio, oltre a parecchio know-how sulla fibra di carbonio, ricavato dal progetto della hypercar One-77, il tutto impacchettato in una linea affascinante. Ecco cos’è la Vanquish: un’esotica inglese capace di sfidare l’eccellenza italiana. Se la Ferrari F12 Berlinetta riesce davvero a unire le credenziali da GT con le prestazioni da supercar – come dichiarato dalla Casa – allora deve essere all’altezza della raffinatezza, della sfruttabilità e del comfort della Vanquish.

A livello di prestazioni la Aston è inferiore alla Ferrari (e alla Lamborghini), perlomeno sulla carta: con i suoi 574 CV, la Vanquish ha potenza da vendere, però non bastano per arrivare ai 740 CV della Ferrari F12 e ai 700 della Lamborghini Aventador.

Sulla strada però la coppia è un’arma molto più sfruttabile della semplice potenza e lì la Aston è più vicina alle due italiane: l’inglese infatti eroga 620 Nm contro i 690 di Ferrari e Lambo. La Aston è l’unica tra le presenti con il cambio automatico, ma d’altronde l’automatico si adatta meglio al carattere da GT rispetto al grezzo manuale automatizzato a frizione singola della Lambo e al velocissimo doppia frizione della F12.

La Vanquish ha tanti pregi, è potente e veloce ma io so a cosa state pensando: è inevitabile, le due italiane finiranno per farla a pezzi.

Forse andrà così, ma c’è un dettaglio che non avete considerato… La Vanquish è anche un’ottima sportiva. È veloce, equilibrata e ha ottime sospensioni che le regalano una guida veloce e dinamica sulle strade più ampie e scorrevoli, strade come quelle che stiamo per percorrere. Sappiamo che non sarà veloce o adrenalinica quanto le due italiane, ma non è questo il punto. La Aston Martin Vanquish è qui perché è l’auto perfetta per questo viaggio italiano, per affrontare molti chilometri in totale relax e, all’occorrenza, per lanciarla al limite e divertirsi ad alto livello, tornandosene poi a casa tranquilli e rilassati. Per molti questo è molto più impressionante di una cavalleria all’altezza di una Formula 1 o di una linea da fumetto. E non dimentichiamo che, rispetto alle sue due rivali, la Vanquish costa anche parecchio in meno.

La supercar: Lamborghini Aventador LP 700-4

NO MA DICO, guardatela! Con il culo giù e il muso in su si lancia in curva come un’arma supersonica di velocità e virilità.

La Ferrari e la Aston a motore anteriore faranno bene a mettersi l’anima in pace: per passo e spettacolarità non possono eguagliare la LP 700-4. Non c’è niente come una Lamborghini, e non c’è nessuna supercar come la Aventador, quindi la F12 e la Vanquish dovranno dimostrarsi straordinarie se vogliono anche solo provare a essere all’altezza della belva di Sant’Agata.

Nel caso non l’abbiate capito, siamo fan sfegatati della Aventador. Adoriamo quel carattere così trasparente e diretto, così tipicamente Lambo. Adoriamo il fatto che il motore, il primo nuovo V12 made in Sant’Agata da cinquant’anni a questa parte, conservi quella spinta folle ad alto regime e quel latrato che sono la firma delle vecchie Lamborghini.

E adoriamo le sue prestazioni sfruttabili senza paura di perdere improvvisamente la trazione, la patente o la vita.

La adoriamo anche perché per lanciarla al massimo servono disciplina, fiducia e doti di guida non da poco. Se la F12 è la Formula 1 del futuro, la Aventador è la Formula 1 di un’epoca in cui i piloti avevano braccia grosse e muscolose, enormi baffoni e due palle così…

In questo test la Lamborghini dovrà fare affidamento su ogni sua risorsa, e sul suo carattere in particolare, per reggere l’assalto della Ferrari. Il V12 6.5 ha la stessa coppia di quello da 6,3 litri della F12, ma 40 CV in meno. Teoricamente la trazione integrale della Aventador la mette in vantaggio sulla Ferrari – che è a trazione posteriore – ma la F12 ha dalla sua un differenziale più sofisticato con un traction e uno stability control migliori non solo della Lambo ma di qualsiasi altra auto. Qualsiasi.

E la Aston? Essendo una GT, anzi la GT definitiva, è molto diversa dalla Aventador. Anche se, avendo percorso migliaia di chilometri sulla Aventador, possiamo assicurarvi che, nonostante le apparenze, anche la Lambo è molto sfruttabile (a meno che non dobbiate infilarvi in un parcheggio multipiano o in una stradina molto stretta). Tre auto mosse da un V12, due giorni in Italia. La parola passa a Henry.

La resa dei conti

FIAMME BLU. È questo che ricordo del mio primo pomeriggio in compagnia di queste tre auto. Accoccolato sul sedile in pelle trapuntata della Aston, non posso fare a meno di guardare ipnotizzato l’enorme scarico della Lambo davanti a me che spara fiamme come un enorme becco Bunsen. In scalata, quando sale di marcia, e a un certo punto persino per tutta la lunghezza di un rettilineo, continua a lanciare lunghe fiamme azzurre.

A essere onesto, anche quando non fa i fuochi d’artificio la Lamborghini sembra rubare la scena a qualsiasi altra cosa, incluso lo stupendo panorama degli Appennini ancora innevati sopra Sestola, paesone del modenese.

Volete una dimostrazione? A un certo punto due signori di una certa età arrivano su una Punto, si fermano e si avvicinano con fare circospetto alla Aston Martin e alla Ferrari. Quando vedono la Lamborghini nera parcheggiata dall’altro lato della strada si mettono a gridare «che bella macchina!» e attraversano di corsa come due ragazzini per andare a vederla da vicino. Come dice Bovingdon, «quando c’è in giro una Aventador sembra che non esista nient’altro».

Passiamo tutto il pomeriggio a fare foto in movimento ma, anche se andiamo avanti e indietro per ore sulle stesse curve, già questo basta per farsi una prima impressione delle tre auto. Tanto per cominciare, il volante squadrato della Aston sarà anche strano da vedere, ma è fantastico da usare. Inaspettatamente, questa Vanquish non è rigida come l’ultima DB9 che abbiamo guidato e bisogna tenere le sospensioni in modalità Sport per riuscire a mantenere un buon controllo. Esteticamente, invece, abbiamo avuto l’ennesima conferma che quello che Nick Trott definisce «rosso in stile divisa del college» non è il colore che meglio si adatta alle linee eleganti della Aston in carbonio.

Quando proviamo la Ferrari F12, tutti, nessuno escluso, rimaniamo stupiti dall’accoppiata motore-trasmissione: senza dubbio è la migliore esistente tra le stradali attualmente sul mercato. Il modo in cui i dodici cilindri girano senza inerzia apparente è folle e il doppia frizione non solo è all’altezza del motore, ma riesce addirittura a valorizzarlo. È così incredibile che Nick Trott lo paragona al mitico V12 Rosche della McLaren F1.

Inaspettatamente, l’auto più facile da guidare è la Lambo, con il suo sterzo pesante. Anche i freni sono i più rassicuranti del gruppo.

Ma forse è anche a causa dell’asfalto umido, che gioca a favore della Aventador mettendo in luce i vantaggi della trazione integrale e delle sue gomme invernali. Il cambio a frizione singola della bolognese è stato migliorato dall’ultima volta che l’abbiamo guidata, ma l’accoppiata motore-trasmissione, pur ottima e attuale, non è all’altezza di quella futuristica della Ferrari. Forse con il motore elaborato della Veneno le cose migliorerebbero…

Per quanto la Lambo sia stupefacente, guidarla di notte è la prova migliore che non è certo una minaccia per la Aston nella categoria delle GT. È più sfruttabile di una Diablo o di una Countach, ma mentre avanzo a tentoni su strade buie e sconosciute, con la visuale ridotta per via dei montanti anteriori e mezzo accecato dai fari delle auto che incontriamo, questa Aventador mi sembra pratica e maneggevole quanto un elefante in una cristalleria.

La sera, parlandone, siamo rimasti tutti d’accordo: per mettere davvero alla prova le tre auto abbiamo bisogno di strade più larghe. Il che significa che, per raggiungerle, il mattino dopo dovremo alzarci molto presto.

IL SOUND DEL MOTORE di una supercar che si risveglia è uno dei piaceri della vita. Ma non so se la pensano così anche tutti gli ospiti dell’hotel Corte degli Estensi, visto che era l’alba… Oltre che rumorosa come ogni supercar che si rispetti, la Ferrari F12 all’avviamento è molto particolare. Si preme il grosso pulsante rosso al centro del volante attivando lo starter e, dopo un secondo, il V12 si risveglia con un ruggito. Il motore gira alto e arrabbiato per circa un minuto prima di assestarsi a un minimo più tranquillo. Spettacolare. Fa tanto F1

La nostra meta di oggi è una delle strade italiane preferite di EVO, quella che porta ai passi della Futa e della Raticosa.

Visto che per arrivarci dobbiamo fare un’ora di autostrada, decido di mettermi al volante della Rossa. L’asfalto in Italia sembra essersi deteriorato in… sintonia con l’economia della nazione, vale a dire che ci sono buche e rattoppi ovunque, eppure con gli ammortizzatori magnetoreologici in modalità “strada dissestata” la Ferrari spiana a meraviglia le sconnessioni. In modalità automatica il cambio è fluido e veloce e mantiene il motore a medio regime, permettendo di procedere di buon passo e in maniera rilassata. Lo sterzo è così preciso che a bassa velocità sembra un laser e permette di disegnare curve e rotonde con input minimi.

Possiamo dire che è un cambio da vera GT? Sì e no. Con la F12 puoi fare tanti chilometri se lo scopo è raggiungere una strada decente su cui poi scatenarla, ma se il viaggio è fine a se stesso è un po’ frustrante. A differenza della Aston, che sembra far magicamente sparire i chilometri quando sei stanco o non in vena, con la Ferrari c’è sempre una certa tensione. È come un’unità di pronto intervento sempre all’erta o un corridore fermo sui blocchi di partenza. L’acceleratore a inizio corsa rimane nervoso e reattivo anche con il manettino in modalità Sport o Wet e anche se la guidabilità è buona, i giunti di espansione si sentono sotto le ruote e qualche vibrazione arriva fino al sedile del guidatore. Come dice Jethro: «è sempre un po’ tesa. Non è mai davvero rilassata come la Vanquish».

Di sicuro sembra più a suo agio quando entriamo in galleria. Finestrini abbassati, tre colpetti al paddle sinistro (è questo il problema quando hai sette marce), giù il gas e ti sembra di essere al Gran Premio di Monaco.

Dagli scarichi sbraitanti nell’oscurità al botto del cambio marcia che rimbomba nella galleria obbedendo alla spia di cambiata in cima al volante, la F12 è un’auto da corsa nuda e cruda. Nei pochi secondi di accelerazione riempie il tunnel, usandolo come cassa di risonanza, per poi riemergere alla luce del sole.

Dico luce del sole ma in realtà di sole ce n’è quasi zero: man mano che saliamo ci avvolge una nebbia fredda e umida che mi preoccupa non poco. C’è un’area di servizio proprio prima della nostra uscita, così ci fermiamo a fare benzina e a prendere un caffè, sperando che nel frattempo il tempo migliori. Due volanti della polizia ci passano accanto e rallentano per ammirare le tre belve. La caratteristica livrea bianca e blu delle forze dell’ordine stona su quelle due Skoda Octavia wagon. Dovrebbero guidare anche loro una supercar italiana, così avrebbero qualche chance di inseguire e raggiungere i malfattori di turno…

Mi rimetto al volante della Ferrari seguendo Jethro e la Lambo verso i passi appenninici. Il tempo non è migliorato, la strada è bagnata e qua e là c’è persino qualche chiazza di neve, ma sulla F12 mi sento sicuro, così aumento il regime e faccio pattinare un po’ le gomme per scaldarle. Dopo qualche chilometro, guardando il display del Vehicle Dynamic Assistance, mi accorgo che motore e freni sono di un bel verde incoraggiante, mentre le gomme rimangono testardamente di un freddo azzurro. Anche se la trazione integrale della Aventador davanti a me le consente di guadagnare un po’ di vantaggio in uscita di curva, la Ferrari recupera nei rettilinei, dove è davvero selvaggia.

Le strade su cui ci troviamo adesso sono più scorrevoli e adatte alle supercar (alla guida, la F12 sembra più compatta della 599 ma è comunque grossa) e sono felice che abbiamo deciso di venire fin qui.

Quando parcheggiamo davanti allo Chalet Raticosa il tempo è persino peggio di prima. Mentre gli altri danno una pulita alle auto per scattare qualche foto da fermo, io prendo la Ferrari e vado a vedere com’è la situazione sulle strade che dovrebbero fare da location per il nostro test.

È una saggia decisione. Nel giro di un paio di chilometri cambia tutto e finalmente spunta il sole che siamo venuti a cercare in Italia. Vado avanti fino alla fine delle curve più belle, poi faccio dietrofront, disattivo l’ESP e risalgo la collina fino al passo. La strada è una serie di curve dall’ottima visibilità e qui, dove l’asfalto è finalmente caldo e asciutto, la F12 è la regina del sovrasterzo. L’anteriore si infila in curva all’istante e poi si può far partire il posteriore semplicemente aprendo il gas. L’E-Diff è sensazionale, ti dà tantissimo controllo sull’asse posteriore e quando il retrotreno si mette a pattinare puoi tenere il traverso quanto vuoi, anche nei cambi di direzione, come ci dimostra Jethro più tardi. La prima volta è un po’ un salto nel vuoto perché hai paura che il posteriore sia nervoso e reattivo come l’anteriore, e invece è facilissimo da controllare quando parte. Bisogna solo abituarsi allo sterzo, perché, essendo superveloce, all’inizio si tende a correggere troppo il traverso.

Dopo aver raggiunto gli altri e dato la buona notizia sulle condizioni meteo nel tratto che ci interessa, salgo sulla Aventador. Abbasso la portiera, sollevo il coperchietto rosso, premo il pulsante e sento lo starter che gira per circa il doppio del tempo rispetto a quello della Ferrari, prima che il V12 si risvegli.

Lo schermo nero si riempie di quadranti e grafici colorati (con il contagiri a dominare la scena), poi si tira il paddle di destra e si parte. Stranamente, è più facile guidare rilassati con la Lamborghini che con la Ferrari F12, mentre le curve scorrono fluide una dietro l’altra.

Alla fine della giornata di ieri eravamo tutti d’accordo che la modalità Sport per il cambio era perfetta e che è l’unica che serve davvero (“Strada” è troppo molle, “Corsa” è troppo dura). Tra le tre, la Sport ha anche una distribuzione di coppia che favorisce maggiormente il posteriore, con una suddivisione di 10:90. In questa modalità comunque bisogna disattivare l’ESP perché altrimenti soffoca il divertimento come una mamma iperprotettiva e asfissiante (anche se forse dipende dalle gomme invernali che la Lambo monta in questo momento).

Solitamente, su una Lambo V12 disattivi lo stability control con la stessa ansia – direi paura – con cui abbracceresti un orso polare, ma d’altronde sei obbligato a farlo se vuoi provare a divertirti. Con la Aventador invece è diverso. Il sottile ma persistente sottosterzo iniziale è scomparso, adesso l’anteriore è ricco di grip e si infila in curva senza la minima esitazione. È un dettaglio che da solo basta a far sembrare più piccola, compatta e docile questa Lambo grossa e selvaggia.

L’altro lato della medaglia è che, seguendo l’anteriore, anche il peso dietro le spalle si fionda a tutto gas in curva. Tendi a frenare più tardi e senti l’auto che inizia ad agitarsi dietro di te. È un movimento infinitesimale, ma il cuore si mette a battere più forte. Entri in curva come se niente fosse e quando ne esci, tiri un sospiro di sollievo.

Inevitabilmente, alla curva successiva aumenti il ritmo: stavolta il posteriore si muove in modo deciso e devi controsterzare per tenerlo. Ma stranamente non ti vengono i capelli bianchi dalla paura e, con sollievo, capisci che non stai rischiando la vita. Niente male. Anzi no, è proprio fantastico.

Senza rendertene conto, ti trovi a sfruttare il peso al posteriore in modo da stabilizzare l’auto e a entrare in curva con le spalle delle gomme che fischiano mentre l’inerzia del V12 6.5 le fa inclinare. Allora controsterzi leggermente per ritrovare l’equilibrio ed esci dalla curva riportando il posteriore in traiettoria. Facile. Le chicane sono ancora meglio, perché puoi trasferire il peso prima da una parte e poi dall’altra, con la Lambo che rimane controllabile e solidamente aggrappata a terra. È un movimento molto sottile, nonostante le masse in gioco, e quasi alla moviola rispetto alla nervosa e iperattiva Ferrari, ma è un’esperienza affascinante e coinvolgente, che non pensavo di poter provare su una Lambo da 1.500 kg.

Ci sono solo due svantaggi. Il primo sono le gomme invernali che, per quanto ne sappiamo, potrebbero cambiare non poco le reazioni della Aventador: l’equilibrio sarebbe lo stesso con le estive? In caso contrario tutte le Aventador dovrebbero andarsene in giro dodici mesi all’anno con le Sottozero! Il secondo svantaggio è il pedale del freno che, inizialmente ottimo, se lo si strapazza sembra allungare troppo la corsa. Non è proprio fading ma è snervante dover premere sempre di più sul pedale per ottenere una risposta. Inoltre, dopo una bella tirata su queste strade tutte curve, dai freni proviene un odore dolciastro (ci ricorda il Castrol R) che nessuno di noi aveva mai sentito prima. Se ieri della Aventador mi era piaciuta la sua spettacolarità, oggi mi ha fatto proprio innamorare con questo suo stile di guida.

RITORNO UN PO’ TARDI al luogo di ritrovo, portando qualcosa da mangiare per pranzo.

Mentre i colleghi si abbuffano di pizza fredda e patatine al formaggio, io mi frego la Vanquish. Mi sembra di averla trascurata finora, mi sono occupato troppo delle due italiane ignorando questo abitacolo trapuntato quando potevo godermi le onde d’urto che escono dagli scarichi della Aventador. Ma anche se è meno costosa e potente, non è certo da snobbare.

Sulla stessa strada che ho appena percorso con la Lamborghini, la Aston Martin è più curata e rilassata e c’è più rollio e beccheggio. È una guida più morbida, soprattutto rispetto alla Ferrari, e questo da solo basta a far pendere verso di lei l’ago della bilancia, nella scelta della migliore GT. Ha anche un telaio molto equilibrato e con le gomme anteriori più cariche, grazie alla strada finalmente asciutta, lo sterzo è il più sensibile dei tre e diventa più sostanzioso man mano che lo si gira. Questo ti permette di spingere l’anteriore finché tende a partire prima di aprire il gas e sentire che il peso si sposta dietro. La modalità Track del DSC è ottima e il differenziale a slittamento limitato sembra bloccarsi leggermente in uscita di curva, permettendovi di andarci giù duro con il gas, sapendo che una certa quantità di spinta andrà persa dalla ruota interna che pattina ed evita un traverso esagerato. Non è il massimo del divertimento, ma con l’ottimo equilibrio e il grip ben bilanciato tra anteriore e posteriore, la Vanquish è docile e sfruttabile.

La giornata inizia bene quando 574 CV ti sembrano persino pochi. La Aston V12 non ha l’accelerazione stratosferica delle altre due, ma la colonna sonora è all’altezza di quella Ferrari, per timbro se non per volume.

L’unico settore in cui l’inglese è indifendibile è a livello della trasmissione. Il cambio automatico Touchtronic a sei marce è un disastro: c’è una pausa infinita tra le cambiate, una morte lenta invece della schioppettata che ci si aspetterebbe e la sensazione generale, come dice Nick, è di «qualcosa di vecchio e antiquato». La velocità di cambiata detta anche il ritmo con cui si affrontano le curve: sulla Aston bisogna programmare le cose per tempo, frenando un istante prima del dovuto e dando al Touchtronic il tempo di cambiare invece che sfiorare il paddle sinistro per infilare la marcia all’ultimo. In certe occasioni però questa sorta di riflessività del cambio diventa un vantaggio. A differenza delle altre due, la Aston non vi punisce se vi distraete a guardare il panorama. E non si agita sbuffando impaziente se rimanete bloccati dietro una vecchia Panda stracarica. La sua guida in quel caso è rilassata come ci si aspetta da una GT di classe qual è.

Come sempre succede nei test di gruppo, tutto sembra sotto controllo finché non è buio. A quel punto scoppia l’inferno, quando Sam e Dean cercano di girare gli ultimi video e scattare le ultime foto prima che sorga la luna. È tutto un montare e spostare treppiedi, svitare e riavvitare obiettivi. Un’ora più tardi, alla luce dei fari, carichiamo tutto sulla Peugeot 5008 a noleggio e ci rimettiamo in marcia verso Maranello facendo prima tappa a Sant’Agata.

Prendo la F12 per controllare se sa essere fluida come la Aston. In parte ci riesce ma per quanto ti sforzi di andare piano finisci per tenere un passo tutt’altro che rilassato. Tenere a bada 740 sbraitanti CV non è facile e richiede mani da chirurgo e piedi da ballerino.

È così veloce e brutale nelle risposte, anche ai più piccoli input, che ti tiene sempre occupato.

Non tiri il fiato neanche quando cambi marcia perché i paddle sembrano leggerti nel pensiero, la marcia successiva va a segno ancor prima di aver finito di muovere le dita. I freni sono così potenti e immediati che senza le cinture a quattro punti finiresti contro il parabrezza. L’accelerazione è così potente e progressiva che quasi non riesci a valutare a che velocità ti vengono incontro le curve. Con un telaio tanto rigido, l’auto si muove come un tutt’uno su dossi e contropendenze. Se guidare la Aston è come guardare la tivù, con la Ferrari sembra di passare all’HD, accendere il dolby surround, premere il pulsante Fast Forward e poi cercare di seguire la trama del film. È una guida selvaggia, certo, ma se avete i riflessi abbastanza pronti, la F12 vi fornisce tutti gli strumenti per tenere tutto sotto controllo.

A CENA, QUELLA SERA, sul volo di ritorno il mattino dopo e in ufficio nei giorni seguenti continuiamo a parlare di questo testa a testa. Temevamo che la Aston fosse una preda facile per le due italiane, ma non è stato così. Domina senza problemi la sua nicchia GT, ma potrebbe aspirare anche ad altro, come dice Jethro: «se quelli della Aston facessero una versione S potrebbero far tremare anche le supercar più capaci. La base di partenza è buona, basterebbe irrigidire le sospensioni e permettere all’ottimo telaio di brillare». Nick è d’accordo, e aggiunge: «potrebbe gestire benissimo altri 100 CV».

Gran parte della discussione, però, inevitabilmente verte sul Cavallino e sul Toro. La F12 è decisamente più supercar che GT e quindi è più che naturale che tra Aston e Lambo la sua vera rivale sia la conterranea.

È difficile scegliere tra le due. Se la Ferrari F12 è più sfruttabile, la Lamborghini Aventador è più spettacolare. «Guidarla, sentirla, anche solo starle vicino mi lascia a bocca aperta e mi riporta indietro nel tempo, a quando ero un ragazzino appassionato di supercar esotiche», dice Nick parlando della Aventador.

Il look della Ferrari gli piace di meno ma, per quanto sia meno scenografica, riconosce le sue doti alla guida, chiedendosi perché non fanno un campionato monomarca di rally su strada per la F12. Non c’è dubbio che la Ferrari sia tecnologicamente a un altro livello e che tutta l’industria automobilistica stia cercando di starle dietro. Ma scendendo dalla Lambo ognuno di noi aveva un sorriso a trentadue denti, felice di aver sottomesso quel mostruoso V12 che si agitava dietro le spalle…

Entrambe le auto ti tolgono il fiato e non riesci più a farne a meno, proprio come promettono il look e le specifiche, e questo in sé è un gran risultato.

Noi però dobbiamo sceglierne una sola. E così la mettiamo ai voti: è quasi un pareggio, ma alla fine vince l’Aventador. Quanto ci piacciono quelle sue fiamme azzurre…