Citroen C3 Max, al volante di un’auto da corsa

Smartworld
di Francesco Neri

Le sensazioni di guida al volante della C3 Max che corre nel Campionato Italiano Turismo.

Per quanto un’auto sportiva possa essere veloce, precisa e rumorosa, non potrà mai essere come un’auto da gara, a meno che non si tratti di una Radical. Anche un’Audi R8 da 600 CV, per quanto suoni strano, è morbida, docile e lenta rispetto ad un’auto da corsa. La Citroen C3 Max è un esempio lampante di come una timida compatta possa diventare un vero e proprio missile. Se pensate a com’è fatta una normale C3, allora capite cosa intendo. Poco è rimasto della vettura di serie: giusto i fanali e gran parte della carrozzeria.
La Citroen C3 Max monta il motore 1.6 turbo THP della Peugeot RCZ R profondamente elaborato, che produce ben 300 CV e 400 Nm di coppia, messi a terra con efficacia dal differenziale autobloccante da gara. Le gomme slick Hankook, gli ammortizzatori Ohlins a 4 vie e freni AP Racing pensano al resto.
Basta questo per ribaltare come un calzino la pacata vettura originale, trasformandola in una vera e propria hooligan da pista. Senza dimenticare, ovviamente, il roll-bar, la gabbia di sicurezza, la totale rimozione di ogni parte superflua che porta il peso complessivo a 1060 kg di peso. Noi ci abbiamo corso a Imola: ecco le sensazioni di guida al volante di una macchina da corsa.

AL VOLANTE DI UNA MACCHINA DA CORSA

Una volta calati nell’abitacolo ci si sente avvolti e, se non siete abituati, la claustrofobia potrebbe prendere il sopravvento. Il sedile da gara non risparmia millimetri e vi ingloba nell’auto, ma meno gioco c’è, più saldi siete in gara. E questo aiuta anche a “sentire” la macchina, oltre che ad evitare spiacevoli lividi.
Dietro il volante Sparco della Max, leggermente disassato, spuntano due lunghi paddle in fibra di carbonio; dimenticavo, il cambio è un sequenziale SADEV da corsa: brusco, immediato e secco, qualcosa su cui potete fare sempre affidamento.
Il pedale della frizione serve solo per partire, per fortuna, perché è posizionato così in alto e stacca così all’ultimo che lo vorrete usare il meno possibile.

Gli altri due pedali invece sono in posizione perfetta: l’acceleratore è leggero e dosabile, mentre il pedale del freno, più piatto e largo, va pestato con tutta la forza che avete.

SCENDIAMO IN PISTA

Pulsante verde sul volante, frizione premuta e tiro il paddle destro verso di me. La prima entra con un sonoro “clonk” accompagnato da un sobbalzo: una sensazione meccanica davvero soddisfacente. Per non farla spegnere bisogna tenere i giri alti e mollare la frizione delicatamente, anche se la macchina urla e vibra tantissimo e il differenziale anteriore sferraglia.
Una volta partiti il problema è mandare le gomme in temperatura, anche se non è così difficile, richiede solo tempo. L’importante è zig-zagare il più possibile frenando e cercando di stressare le gomme, soprattutto quelle dietro, in modo da non avere brutte sorprese quando si comincia a spingere. Primo giro lanciato e si parte. Quando sono calde le gomme slick sono semplicemente stratosferiche: c’è grip a non finire e in frenata, in percorrenza di curva e in accelerazione permettono di osare tantissimo.

La prima grande differenza con una vettura di serie è proprio questa. Curve in cui con una sportiva stradale bisogna frenare, dosare il gas e correggere la traiettoria, con la macchina da gara si possono fare “piene” senza batter ciglio, al doppio della velocità. Ma il merito non è solo delle gomme: lo sterzo è così preciso e accurato che vi fa sentire ogni granello di sabbia che passa sotto il battistrada, e il telaio idem. Le traiettorie che si riescono a disegnare sono così pulite e precise che viene da chiedersi il perché ogni sportiva stradale non si così. Si possono posizionare le quattro ruote con estrema precisione ad ogni curva giro dopo giro, ad un ritmo martellante.

Gli ammortizzatori Ohlins a quattro vie sono sublimi e valgono ogni centesimo. C’è tanto grip meccanico e sui cordoli l’auto vola come se viaggiasse su di un cuscinetto d’aria invisibile.

La parte più difficile, per me, è abituarsi alla frenata. Il pedale senza servofreno è duro, quindi bisogna pestare il più forte possibile, ma la risposata è sincera e la potenza ben modulabile. I freni AP Racing in effetti limano velocità così in fretta da lasciare spiazzati e il bloccaggio delle ruote non arriva mai, se non proprio nelle scalate più severe in seconda marcia.

Il motore turbo gira basso e il sistema anti-lag rende la risposta immediata, così potete seppellire il gas con decisione facendo affidamento sul differenziale autobloccante da gara, che tira così tanto verso l’interno da richiedere attenzione. Una volta imparate queste cose, però, la macchina è un siluro.
Il suo rapporto passo-carreggiata la rende molto agile e mobile al posteriore, e con “mobile” non significa che cerca di andarsene per i fatti suoi ogni volta che date un colpettino di sterzo, ma che segue fedele la traiettoria che volete fargli fare come se ruotasse attorno ad un perno. Come un grosso go kart a trazione anteriore.
L’odore di benzina, i rumori di ferro, ingranaggi e pompe dell’olio, il sentirsi ancorati alla vettura, sono sensazioni forti, indelebili. Così come gli scoppi dello scarico in cambiata, l’accelerazione e la precisione millimetrica dello sterzo. Una sensazione che, una volta provata, non vedrete l’ora di rivivere.