Fuoristrada: La recensione di Destiny

Smartworld
di Stefano Valente

Il futuro dei videogame passa attraverso Destiny?

Di tutte le uscite del 2014, Destiny è sicuramente il titolo più atteso, nonché (pare) quello per cui è stato speso di più. Tra sviluppo e marketing Activision avrebbe sborsato la bellezza di 500 milioni di dollari: un budget che va ben oltre anche i più costosi colossal di Hollywood.

La cifra è stata implicitamente confermata dalla stessa Activision che in un comunicato stampa ha confermato che nel solo primo giorno di vendita sono state distribuite copie per appunto 500 milioni di dollari, coprendo così in sole 24 ore tutti i costi di sviluppo e marketing. Tenendo conto che il progetto di Bungie è di mantenere in vita il gioco per circa 10 anni, non si può certo dire che non sia stato un buon investimento. Vediamo ora però se tutta questa attesa è valsa la pena: Destiny è davvero la rivoluzione che ci è stata promessa?

La seconda rivoluzione

Tredici anni fa arrivava su Xbox Halo – Combat Evolved, un gioco il cui sottotitolo ha lasciato un segno indelebile nel genere degli sparatutto. Bungie all’epoca rivoluzionò davvero un intero genere grazie a delle modifiche importanti al gameplay, come l’introduzione degli scudi ricaribabili. Una volta però finita la collaborazione con Microsoft, i ragazzi di Bungie si sono dedicati ad un nuovo progetto per Activision che ha portato il titolo su PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360 ed Xbox One.
Ed ecco quindi che emerge un elemento chiave di Destiny, ovvero la sua importanza come titolo di collegamento tra due generazioni di console: un ultimo sguardo verso il passato e un immenso balzo nel vuoto (spaziale) del futuro.

Destiny rivoluziona in parte il concetto di sparatutto aggiungendo alcune meccaniche da gioco di ruolo (già viste in parte nella serie Borderlands) e sopratutto assottigliando il confine tra multiplayer e singleplayer, offrendo una via di mezzo molto particolare: il gioco è ambientato su quattro pianeti del sistema solare (Terra, Luna, Venere e Marte) e ogni missione, anche quando giocata in singolo, si svolgerà in un ambiente condiviso con altri giocatori.

Ovviamente potete formare delle squadre (con amici, ma anche con altre persone incontrate nel gioco) e affrontare le missioni insieme: la differenza fondamentale, oltre ad un divertimento maggiore garantito, è che nelle zone a rientro limitato in caso di morte non si viene immediatamente rigenerati e si può essere rigenerati solo dai compagni.

Luce contro Oscurità

I tre pianeti sopra elencati e la nostra Luna sono gli unici ambienti esplorabili perché il resto del Sistema Solare è stato inghiottito dall’Oscurità. La trama di Destiny non brilla quindi per originalità: secoli fa gli umani scoprirono su Marte il Viaggiatore, un’enorme sfera che portò il benessere e il progresso in tutti i pianeti. In pochi secoli furono colonizzati anche il pianeta rosso, Mercurio, Venere e la Luna e quest’epoca prese il nome di Età dell’Oro.

Ma il Viaggiatore, in qualità di protettore della Luce, è costantemente inseguito dall’Oscurità che dopo molto tempo lo ha raggiunto e ha devastato tutto i pianeti, tranne la Terra sulla quale resiste un’ultima città, protetta dal Viaggiatore. Ogni giocatore è un Guardiano della Luce che ha il compito di proteggere il Viaggiatore e sconfiggere il male: detta così sembra piuttosto banale e anche nel suo svolgimento la storia non regala particolari sorprese o colpi di scena. Esattamente come accadeva in Halo tutte le missioni sono una scusa per andare da una parte all’altra dei livelli indagando su manufatti e specie aliene per scoprire l’origine dell’invasione e, infine, fermarla.

Terra, Luna, Venere e Marte: tutto qui? 

Tutte le missioni ambientate sullo stesso pianeta condividono tra loro gran parte delle aree, rendendole spesso molto simili tra loro. Il backtracking quindi è incredibilmente eccessivo: ripeterete spesso gli stessi corridoi svoltando una volta da una parte e una volta dall’altra, affrontando sempre gli stessi nemici che ad ondate sempre uguali vi attaccheranno dagli stessi fronti.

Quel che però cambierà costantemente, di pianeta in pianeta, è la difficoltà, sempre crescente e proporzionale al vostro livello.

A prescindere comunque dalla ripetitività, il design degli ambienti (sia interni che esterni) raggiunge tranquillamente i vertici delle produzioni Bungie, grazie alla perfetta dislocazione di alture, percorsi e coperture perfettamente sfruttabili da tutte le classi. Anche negli ambienti più grandi, quando ci viene data la possibilità di pilotare dei veicoli, il feeling è immediatamente riconducibile ad Halo e questo non può che fare piacere a tutti i fan della saga nata su Xbox: gli spazi aperti modificano l’approccio da adottare, trasformando per brevi (e purtroppo sporadiche) sezioni il gameplay del gioco.

Poca varietà, molto divertimento

Su ogni pianeta potrete affrontare diverse missioni: si inizia con quelle in cui avanzerete nella Storia al termine delle quali farete sempre un piccolo passo in avanti nella lotta all’oscurità. Per conoscere al meglio le mappe sono utili le Pattuglie, grazie alle quali esplorerete i pianeti portando a termine diversi compiti mutuati dai giochi di ruolo, come ad esempio raccogliere un certo numero di oggetti. Si tratta di una delle parti più deboli del gioco: durante queste missioni infatti il livello di sfida è pressoché nullo e sono solo un riempitivo per familiarizzare con la mappa o fare punti esperienza.

Dove invece Destiny riesce a dare il meglio di sé è negli Assalti: queste missioni sono simili a quelle della storia ma prevedono al loro termine un boss di dimensioni generose particolarmente ostico da abbattere. È in queste situazioni che il titolo di Bungie ci fa quasi dimenticare tutti i suoi problemi e i suoi limiti, grazie ad un livello di sfida molto più alto rispetto a tutto il resto del gioco e soprattutto grazie agli epici scontri con i boss. 

Fucile alla mano, non ci sono paragoni

Pochi sviluppatori sono infatti in grado di creare dei combattimenti così dinamici e frenetici in cui l’esperienza è sempre appagante. Quella sottile tensione che si percepisce sempre è sottolineata dall’incredibile differenza che c’è nell’affrontare una missione quando non si è al livello d’esperienza adeguato.

Qualsiasi azione intrapresa dalla mappa è indicata per un determinato livello e cercare di affrontarne una che sia anche solo di due livelli superiore al nostro personaggio comporta spesso una morte prematura: l’equilibrio in Destiny è fondamentale.

Ma oltre all’equilibrio quel che conta maggiormente è la piena padronanza delle proprie abilità, che si integrano perfettamente nella tempistica degli sconti e delle abilità dei nemici. Si rende quindi necessario scoprire i punti deboli, i pattern di attacco, i tempi di ricarica delle armi proprie e nemiche per avere la piena padronanza del campo di battaglia. Raggiunto questo traguardo si intravede nel codice di Destiny una perfezione rara, fatta di tempistiche che coincidono alla perfezione e che, una volta assecondate, regalano al giocatore un’esperienza unica. 

La triforza di Bungie

Fucile alla mano quindi Destiny è fenomenale, sia da soli, ma soprattutto in compagnia. Ai livelli di difficoltà più alti diventa importante formare delle squadre in cui siano presenti tutte e tre le classi e gli elementi. I personaggi di Destiny possono appartenere a tre classi (Titani, Cacciatori e Stregoni) e ogni classe ha due specializzazioni legate rispettivamente a due elementi diversi (tra Sole, Luce e Vuoto).

Ogni team che si rispetti deve quindi avere un personaggio per classe e un elemento per personaggio, in modo tale da essere sempre pronti ad affrontare le missioni sfruttando al massimo le proprie possibilità. Certe volte si sente il limite di soli tre membri per squadra, ma da questo punto di vista ci si rende subito conto di come l’esperienza e il design dei livelli siano stati pensati interamente in funzioni di un team di tre persone.

Un destino per ogni Guardiano 

Ogni classe inizia a specializzarsi sin dall’inizio in una sottoclasse legata ad un elemento, mentre la seconda specializazzione si sblocca a livello 15 (su un massimo di 20) e ci costringe a rincominciare da capo l’approfondimento del personaggio: anche se si tratta di una scelta comprensibile è comunque penalizzante ritrovarsi ad una fase così avanzata del gioco senza granate e senza la mossa speciale, portando quindi il giocatore ad avanzare nelle missioni principali o nelle più ostiche con la prima specializzazione e potenziando la seconda ripetendo le missioni già fatte e a livello più facile.

Armi e Armature: tutto il necessario per la battaglia di un Guardiano 

Quando si parla di armi e armature viene fuori in maniera prepotente l’anima da gioco di ruolo di Destiny. Al termine di ogni missione (ma anche in giro per i livelli) si acquisicono nuove armi e protezioni, divise in quattro categorie di rarità: si parte dagli oggetti comuni, sino ad arrivare a quelli leggendari che per entrare nel vostro inventario richiederanno non poca fatica.

Le singole parti della vostra protezione (divisa in casco, guanti, armatura e stivali) possono aumentare tre parametri: l’intelletto (che riduce il tempo di ricarica della vostra mossa speciale), la disciplina (che riduce il tempo di ricarica della granata) e la forza (che riduce il tempo di ricarica dell’abilità corpo a corpo).

Quando si inizia a giocare con questi tre paramentri si scende a fondo nella personalizzazione del proprio personaggio permettendovi di plasmarlo secondo le vostre esigenze. Ad esempio, uno Stregone potrebbe avere il bisogno di una disciplina alta per lanciare spesso i propri attacchi magici, mentre un cacciatore potrebbe puntare sulla forza per i propri attacchi corpo a corpo letali. Ai livelli più alti entrano anche in gioco gli elementi che permettono di perforare gli scudi di nemici del colore corrispondente alle vostre armi. Tutti questi elementi contribuiscono alla creazione di un gameplay molto profondo, estremamente personalizzabile e che sprona all’intraprendere l’avventura di Destiny più e più volte con personaggi diversi per esplorare tutte le classi.

Avanguardia e Crogiolo

Gli oggetti più importanti, sia tra le armi che tra le armature, si ottengono dandosi da fare nell’Avanguardia e nel Crogiolo, che corrispondono rispettivamente al PVE (player versus enemy) e al PVP (player versus player). Le missioni dell’avanguardia corrispondono sostanzialmente a quelle della pattuglia e degli assalti, ripetibili questi ultimi anche a difficoltà maggiore una volta terminato il gioco. 

Il Crogiolo invece mostra uno dei punti deboli di Destiny: pur essendo molto divertente è difficile reggere il paragone con pesi da novanta come Titanfall che, basandosi interamente sul PVP, sa dare un’esperienza molto più immediata, veloce e appagante. Inoltre le modalità di scontro sono ancora molto ridotte, ma questo è un problema che affligge in generale tutto Destiny. 

Un design spaziale 

Se c’è però un aspetto di Destiny sul quale non è possibile muovere una singola critica è sul fronte tecnico e artistico. Sono innumerevoli i casi di giochi così grandi e che si basano così tanto sull’online che hanno avuto problemi pesanti di bug, glitch e malfunzionamento delle funzioni online.

Durante le nostre 30 ore di gioco, Destiny non ha mai mostrato alcun problema e questo è sicuramente merito del duro lavoro di Bungie, nonché delle due fasi di testing aperte al pubblico durante la scorsa estate.
Come si suol dire anche l’occhio vuole la sua parte e in Destiny c’è da saziare il nostro bisogno di splendore digitale per i prossimi mesi a venire: ogni pianeta è caratterizzato magnificamente e non è difficile perdersi tra le caverne fantasy della Luna, le città cadenti di Venere e le lande desertiche di Marte.

Encomiabile poi il lavoro svolto sulla caratterizzazione dei nemici e dell’inventario: Bungie ha sin dall’inizio dichiarato che Destiny, pur essendo uno sparatutto ambientato nello spazio futuro, avrebbe avuto una forte componente fantasy e questa si rispecchia evidentemente sia nelle meccaniche da gioco di ruolo che nell’aspetto degli oggetti: il mix che ne scaturisce, definito da loro stesso mythic sci fi, lascia a bocca aperta sin dall’inizio e regala vere e proprie emozioni verso il finale, con armature di una bellezza rara quanto l’oggetto stesso.

Epicità sonora

Halo per molti è immediatamente sinonimo di musiche evocative: lo nomini e pensi a quel tema così epico che è rimasto nei cuori di molti giocatori. Da questo punto di vista Destiny continua nel tracciato segnato dalla saga di Master Chief, senza sorprendere particolarmente, con temi epici per le parte della storia e il classico accompagnamento adrenalinico per le battaglie.

È solo l’inizio…

È evidente quindi che Destiny è solo il primo e piccolo tassello di un enorme puzzle che andrà a comporsi molto lentamente nel corso dei prossimi mesi ad anni. I contenuti per il momento sono molto risicati: solo quattro mappe e sfruttate così tanto sono ancora poco per “diventare leggenda”, ma questo pare essere davvero l’unico limite del titolo di Bungie.

Tutto il resto infatti (dal gameplay adrenalinico alla progressione così profonda del personaggio) pone le basi per un’esperienza che potenzialmente può davvero essere prolungata a lungo negli anni.

Quando verranno limati alcuni aspetti come lo sbilanciamento tra i punti esperienza dati dal Crogiolo (troppi rispetto a tutto il resto) e verranno aggiunti i prossimi contenuti Destiny sarà davvero la promessa a lungo attesa dai giocatori: per il momento abbiamo tra le mani “soltanto” un ottimo inizio.