Fuoristrada: Far Cry Primal, la recensione

Smartworld
di Stefano Valente

Ubisoft dà una svolta radicale al suo sparatutto: esperimento riuscito? 

Far Cry Primal è uno spin off di una serie che, grazie agli ultimi due capitoli, si è imposta come una delle più importanti nell’ambito degli sparatutto: dalle coste cariabiche alle vette dell’Himalaya, la formula non è mai cambiata più di tanto, con giusto qualche piccola aggiunta e piccole variazioni sul tema, come quella perla di Blood Dragon, il breve spin-off ambientato in un mondo immaginario, fatto al 100% di estetica anni ‘80 e follia. Proprio la follia è il file rouge che lega tutti i capitoli della serie e sempre su questo tema, si concentra Far Cry Primal, il primo capitolo della serie che abbandona non solo la numerazione della serie, ma anche l’ambientazione contemporanea per scaraventare il giocatore in una lontanissima preistoria, nel 10.000 A.C. Prima ancora di incorrere nell’effetto Assassin’s Creed (stesso identico gameplay da anni in ambientazioni diverse), Ubisoft ha dunque deciso di dare una svolta bella grossa alla serie, eliminando completamente le armi da fuoco, introducendo alcuni nuovi poteri e modificando altri capisaldi della serie. 

Lotta tra tribù

Il protagonista di questa avventura preistorica è Takkar, un uomo appartenente alla tribù dei Wenja: la sua gente è dispersa per le lande di Oros, una terra contesa da altre due tribù, gli Udam e gli Izila. Il compito di Takkar sarà quindi quello di riunire il suo popolo, costruirgli il villaggio che meritano e soprattutto entrare in guerra con gli Udam e gli Izila per conquistare i loro territori, perché in fondo gli umani non sono che animali e il controllo del territorio è tutto. L’ampliamento del villaggio e la guerra contro le altre due tribù andranno di pari passo all’evoluzione di Takkar e delle sue abilità, tra le quali spicca la possibilità di ammansire alcune belve e usarle al vostro fianco nella lotta contro Udam e Izila.

Proprio questa caratteristica è la novità che rende Primal diverso dagli altri Far Cry: dovrete infatti sempre conquistare gli avamposti come negli altri capitoli, ma questa volta a posto che analizzare l’area col binocolo potrete usare il vostro fido gufo, che potrete richiamare in qualsiasi momento per fargli sorvolare l’area e vedere attraverso i suoi occhi. In qualità di Maestro di Belve potrete anche ammaestrare vari predatori quali lupi, leoni, leopardi, orsi e le temute tigri dai denti a sciabola. E sì, alcuni di questi animali sono cavalcabili. 

Un Far Cry tutto nuovo

Un altro grande cambiamento è che ora le varie abilità e tutto il sistema di crafting dipendono dai personaggi che incontrerete nel corso della storia, cosicché risulti tutto connesso e parte di un progetto più grande: non si tratta soltanto di rendere le cose più difficili, ma anche di dargli un senso poiché ora determinate abilità vengono apprese da Takkar solo se qualcuno di esperto gliele insegna, così come le nuovi armi (archi, clave e lance sempre migliori) verrano costruite solo da mani esperte. Non esiste quindi una vera e propria campagna principale o una storia che si possa definire tale: dovrete aiutare alcune persone che vi ricambieranno con i loro insegnamenti, ma il più del gioco consisterà nella vostra solitaria azione di liberazione dei territori, che può essere tranquillamente portata avanti ignorando la storia ed è proprio quello che abbiamo fatto durante la prima metà della nostra prova di Far Cry Primal per questa recensione

Un parco giochi preistorico incredibilmente divertente

Quel che sembra quasi un difetto è in realtà un incredibile pregio per un titolo del genere: i videogiochi open-world hanno spesso bisogno di trame forti per tenere alta l’attenzione dei giocatori, ma Far Cry Primal può contare su un gameplay così forte, che il semplice cacciare, esplorare e conquistare sarà tutto quello che vorrete fare. La differenza non è da poco perché è come se il giocatore possa trovare una motivazione intrinseca al gameplay per andare avanti, senza bisogno di una estrinseca come una banale trama, con la quale comunque prima o poi dovrete avere a che fare per sbloccare le ultime aree. 

Una produzione da Oscar

A proposito del mondo di Far Cry Primal, bisogna sottolineare che Oros è uno dei mondi digitali più belli mai visti: non è solo una questioni di poligoni ed effetti, ma si tratta della capacità di creare un mondo enorme, vario ed estremamente vivo, che pullula di creature meravigliose ed è ricoperto di una vegetazione lussureggiante. Oros è così viva e pulsante che è possibile camminare senza interagire con nessun elemento per vedere la natura fare il suo corso, con predatori che attaccano prede e altri animali impegnati nella loro routine, senza ovviamente considerare le vite degli indigeni, intenti nelle loro attività quotidiane, lotte comprese (nelle quali potremo intervenire).

Far Cry Primal può infine vantare in assoluto le notti più belle della recente storia del videogioco: camminare per le foreste e le praterie di Oros al chiaror di luna è un’esperienza da Oscar, per non parlare dell’alba, quasi struggente. Questo altissimo livello di produzione è riscontrabile anche in altri aspetti del gioco, come la colonna sonora tribale (menzione speciale per l’uso di “The Wolf” di Fever Ray in un boss-fight), la recitazione degli attori dei video (sempre sopra le righe, come negli altri capitoli) e infine l’incredibile lavoro svolto nella creazione della lingua wenja, basata su studi linguistici e antropologici. Tutto il gioco è infatti parlato in questa lingua inventata e sottotitolato in italiano. 

Uno dei titoli migliori del 2016?

Se siete quindi appassionati della serie o semplicemente incuriositi da questa ambientazione originale, dovreste fare un giro nelle terre di Oros con Far Cry Primal perché di videogiochi in grado di sviluppare così bene un concept se ne vedono pochi, soprattutto tra i cosiddetti tripla A, ovvero i giochi che solitamente rischiano meno per vendere di più. Cacciare di notte con accanto il proprio fido animale è un’esperienza digitale unica, così come lo è incontrare le altre culture presenti nel gioco e assaporare tutta la brutalità e la follia dell’essere umano, presente in tutti i capitoli di Far Cry e qui, in Primal, rappresentata nella sua versione più primordiale ed estrema.