Un lavoro particolare: ecco il team che testa le auto senza pilota di Google

Smartworld
di Stefano Valente

Sembra assurdo, ma il team ha un ruolo fondamentale

Non si parla d’altro ormai: i temi dell’auto connessa e dell’auto senza pilota sono sicuramente di vasto interesse sia per gli automobilisti che vogliono conoscere il futuro del settore, che per i costruttori stessi che si riuniscono per parlarne e trovare soluzioni a problemi condivisi.

Del resto l’espansione del settore fa gola a molti (Google, Apple, Uber, Audi, Nvidia, Huawei e tanti altri), ma vi siete mai chiesti chi conduce i test su questi veicoli. In un recente reportage di Associated Press, Google ha alzato il sipario, mostrando una Lexus e facendo intervistare alcuni dei suoi piloti. 

Un lavoro particolare  

Sembra assurdo ma, il mestiere di Brian Torcellini e del suo team è essere un automobilista su un’auto che non ne ha bisogno. Torcellini e i suoi colleghi si occupano infatti di testare le 48 auto autonome di Google, annotando tutto e prendendo nel caso ci sia bisogno il controllo della vettura.  

“Molte persone vanno a lavoro e si siedono nel loro box. Il nostro semplicemente si muove sulle strade. E se va tutto bene, non dobbiamo neanche fare nulla” ha ironicamente sottolineato Torcellini durante un’intervista.  

Una lunga strada 

Le auto autonome hanno già percorso più di due milioni di miglia negli ultimi sei anni di test su circuiti privati, autostrade e via cittadine nei pressi della sede di Google a Mountain View e più di metà della strada l’han fatta in modalità autonoma, con a bordo sempre un tecnico che potesse prendere il controllo nel caso qualcosa fosse andato storto. Accanto a lui un altro tecnico annota di solito tutti i problemi da segnalare e gli scenari possibili da affrontare.  

Come nello spazio o sott’acqua 

“Non voglio paragonarmi ad un astronauta, ma spesso mi sento così” ha sottolineato Ryan Espinosa (un altro test driver del team di Torcellini) durante un test a bordo di una Lexus che ha recentemente ospitato un reporter dell’Associated Press: un viaggio durato ben venti minuti senza il benché minimo intervento umano.  

Se tutto in effetti andrà come previsto da Google, entro il 2020 le uniche persone a bordo di queste auto saranno i passeggeri impegnati ad ammirare il paesaggio, arrivando un giorno ad eliminare sterzo, pedali e cambio perché sarà tutto controllato da sensori, laser e software.   

Torcellini si interroga sul senso di questo progetto e il suo spirito di avventura lo aiuta a trovare un senso: da appassionato di scuba diving infatti sottolinea come “quando fai immersioni e ti soffermi a pensarci su, ti rendi conto che stai facendo qualcosa che per un umano non sarebbe possibile: respirare sott’acqua. La stessa sensazione la si ha quando sali su una di queste auto: non sarebbe umanamente possibile”.  

I numeri  

Ma Torcellini e i suoi colleghi sono solo due dei moltissimi tester al momento al lavoro, si parla di “dozzine” ma non si ha un numero preciso. Si stima un numero intorno al centinaio di impiegati poiché la legge californiana prevede almeno due persone a bordo di ogni auto e al momento la flotta di Google è composta da 25 auto-pod e 25 Lexus.

Come già vi avevamo riportato, alcune di queste auto sono ora impiegate in test a Austin, in Texas, dove è possibile vedere alcuni di questi veicoli girare per la città.  

I retroscena del lavoro 

I tester iniziano, dopo un training di tre settimane, prendendo 20$ all’ora per otto ore al giorno ed un totale di 40 ore a settimana, secondo quanto rivelato da Google stessa. Tra i requisiti necessari, il tester delle Google Car deve avere un ottimo senso di giudizio, tanta pazienza ed essere al tempo stesso un po’ spericolato (altrimenti non si metterebbe al volante di un’auto che si guida da sola, no?). Le auto da loro pilotate sono state coinvolte dal 2010 ad oggi in sedici incidenti, con un numero crescente da quando hanno iniziato a percorrere le strade cittadine: la metà di questi incidenti sono infatti avvenuti tra febbraio e agosto.  

Incidenti di percorso 

A proposito di questi incidenti, Google sostiene che in nessuno dei casi la colpa si possa attribuire alla tecnologia di automazione della guida. Ad eccezione di tre casi infatti, sono sempre state le auto di Google ad essere tamponate, un trend che la compagnia spiega con la propensione degli automobilisti a distrarsi con smartphone e in generale non ponendo la giusta attenzione alla guida.  

“Sta dunque a noi” conclude Torcellini “insegnare alle auto ad essere migliori degli automobilisti, se non addirittura migliori dei professionisti”.