Hyundai Veloster: anche le orientali sanno fare le sportive

Hyundai Veloster Tre quarti anteriore
Smartworld
di Andrea Rapelli

Pagella
Città 6/10
Fuori città 8/10
Autostrada 8/10
Vita a bordo 8/10
Prezzo e costi 8/10
Sicurezza 8/10
verdetto
7.6/10

Difficile da inquadrare, questa Hyundai. Perché ha un’anima sportiveggiante, grazie al telaio agile, ma potrebbe gestire ben più di 140 CV (per giunta piuttosto tranquilli). E le sospensioni, così rigide, affaticano un po’ nell’uso quotidiano. Ciò detto, la soluzione delle tre aperture risolve alcuni problemi di spazio e la formidabile garanzia di 5 anni a km illimitati fa dormire sonni tranquilli. Senza dimenticare il buon rapporto qualità/prezzo.

Intro

Che le auto coreane abbiano fatto passi da gigante negli ultimi dieci anni è un fatto ormai assodato. Il prossimo step, per molti Costruttori orientali, è cercare di conquistare clienti in nicchie di mercato particolari, poco battute. La ricetta Hyundai si chiama Veloster: una coupé dal carattere forte, con forme originalissime e quasi azzardate. Perché se da un lato, quello sinistro, sembra una coupé classica, dall’altro compare una porticina aggiuntiva, con maniglia “annegata” e quasi invisibile (tipo Alfa Romeo). La meccanica? Semplice ma, annunciano in Hyundai, efficace: 1.6 benzina a iniezione diretta da 140 CV, per un comportamento affilato tra le curve. Vediamo…

Città

La Veloster ti osserva dal parcheggio dell’ufficio acquattata sui grossi pneumatici da 18”, con quelle sue forme schiacciate e inusuali. Come i primi metri nel traffico: se l’1.6 a iniezione diretta non può contare sull’aiuto del turbo ai bassi regimi, la frizione leggera e il cambio manuale morbido rendono le cose facili nel traffico. Peccato però che ogni tombino, rotaia o tratto in pavé sia una sofferenza: l’assetto è rigido e troppo “bloccato”, accompagnato da una sonorità poco piacevole nell’assorbimento. Il parcheggio? Scegliete i sensori: 3.200 euro (Premium Pack).

Fuori città

Dicevamo: una Hyundai tagliente, agile, reattiva. Sviluppata anche per i gusti degli automobilisti occidentali, molto esigenti. E allora, guidando, le prime sensazioni che giungeranno alle vostre terminazioni nervose saranno contrastanti. Inizialmente, quando la strada è liscia come un biliardo, vi rallegrerete per come la Veloster vira piatta e s’inserisce velocemente in curva, con il posteriore che prende volentieri parte al gioco. Lo sterzo rimane sempre un po’ distaccato (anche se preciso) e rende talvolta difficili le piccole correzioni mentre l’1.6 sfodera una certa grinta solo nella parte alta del contagiri: l’aiuto di un bel turbo gli avrebbe fatto certamente comodo. Ma forse in futuro arriverà una versione più potente. Il cambio va bene: preciso, con la corsa corta della leva. Il limite principale? Sta tutto nell’assetto. Perché, quando la strada si fa sconnessa, questa Hyundai fatica a mantenere la linea impostata con il volante. Il motivo è sempre lo stesso: ammortizzatori troppo rigidi e bloccati nell’escursione che fanno saltellare l’auto.

Autostrada

Il tallone d’Achille di questa coupé orientale non tarda ad emergere anche sul nastro autostradale, dove le traversine vengono mal digerite dalla gommatura “barra 40” e dall’assetto “ligneo”, più accondiscendente solo in presenza di dossi e avvallamenti. Fortunatamente, però, i passeggeri potranno conversare amabilmente senza troppe difficoltà, grazie a un’insonorizzazione curata: a velocità codice il nostro fonometro ha registrato 66 dB, addirittura meglio di una Lexus IS 220d (68,8). Bene anche il capitolo freni e la sicurezza percepita.

Vita a bordo

La particolare configurazione a 3 porte presenta vantaggi e svantaggi. Cominciamo dai primi: si accede più facilmente ai sedili posteriori e, se ci si trova dal lato “giusto” (il destro), si può usare la terza apertura per riporre comodamente borse e sacchetti, senza dover per forza aprire il grosso portellone. Tuttavia, la porta posteriore è minuscola e l’accesso, tutt’altro che semplice, aumenta di difficoltà quanto più siete alti. Inoltre, una volta all’interno, dovrete fare i conti con un padiglione piuttosto spiovente e pochi centimetri a disposizione per le gambe. Nulla di tutto ciò davanti, dove i passeggeri sono rapiti dal design frizzante della plancia. Peccato però che i materiali siano rigidi al tatto e, ogni tanto, compaia qualche sinistro scricchiolio. Senza contare lo schienale lato guidatore, che non ritorna in posizione se lo ribaltate per accedere ai sedili posteriori. Ottima, infine, la capacità del bagagliaio, che offre (di serie) i sedili abbattibili separatamente e una comoda rete per trattenere gli oggetti più piccoli.

Prezzo e costi

Costa come una Volkswagen Scirocco 1.4 TSI da 122 CV, ma ha una ventina di “puledri” in più e, soprattutto, una dotazione di cui non ci si può proprio lamentare. Perché dal clima automatico agli specchi ripiegabili elettricamente, dai sensori pressione pneumatici alle prese aux, usb e vivavoce Bluetooth, di serie c’è davvero molto. Non tutto, però: oltre alla vernice metallizzata (450 euro) e al cambio automatico (1.490) si può arricchire l’equipaggiamento con il Premium Pack, consigliatissimo. Perché, per 3.200 euro, comprende gli inserti in “glossy black” – su paraurti posteriore, calandra e montanti – navigatore satellitare con display touch da 7”, i sensori di parcheggio posteriori, il sistema di accesso/avviamento senza chiave e il tetto apribile elettricamente. A condire la già ottima pietanza ci pensa la garanzia di ben 5 anni a chilometraggio illimitato, esclusiva Hyundai. Cosa ci ha soddisfatto meno? La rivendibilità nel mercato dell’usato, ancora in chiaroscuro, e i consumi. L’1.6 GDI, infatti, non è riuscito neppure ad agguantare i 12 km con un litro di benzina, fermandosi, durante il nostro lungo test, a quota 11,8. Un po’ pochi, se consideriamo che la Casa dichiara percorrenze intorno ai 15 Km/litro.

Sicurezza

Qui, sul fronte sicurezza, i coreani non si fanno cogliere impreparati. A cominciare dall’equipaggiamento: di serie ci sono sei airbag, appoggiatesta anteriori anti-colpo di frusta, controlli elettronici di stabilità e trazione, fendinebbia, hill holder (assitenza alle partenze in salita) e perfino il sensore per il controllo della pressione gomme. E non mancano le cinque stelle nella prova di crash svolta dall’Euro NCAP. Ma torniamo alla sicurezza attiva. A cominciare dalla frenata, davvero portentosa: la nostra Veloster, da 130 km/h, ha fatto meglio della pepatissima Audi S3, fermandosi in 60,5 metri. Molto positivi anche i segnali che arrivano dal retrotreno nelle manovre d’emergenza, perché la coupé coreana è agile, ma controllata, con l’ESP che lavora bene e interviene sempre in modo puntuale. Qualche problema arriva dalla visibilità posteriore, a causa del lunotto piccolo e diviso in due. Senza contare che non è previsto neppure un piccolo tergicristallo. Per essere pignoli avremmo desiderato anche la possibilità (pagando) di montare i potenti fari allo xeno.

I nostri rilevamenti

Accelerazione

0-50 km/h 3,89
0-100 km/h 9,5
0-130 km/h 16,06

Ripresa

20-50 km/h in 2 3,45
50-90 km/h in 4 8,93
80-120 km/h in 5 14,16
90-130 km/h in 6 21,20

Frenata

50-0 km/h 9,5
100-0 km/h 40,1
130-0 km/h 60,5

Rumorosità

al minimo 53
max clima 68
50 km/h 57
90 km/h 60
130 km/h 66

Carburante

consumato 93,2

Distanza

percorsa 1.100

Percorrenza

media 11,8
a 50 km/h 45
a 90 km/h 86
a 130 km/h 126

Diametro

di volta 10,1

Giri

al volante 2,7
a 130 km/h in 6a 3.200

Hyundai Veloster: anche le orientali sanno fare le sportive

Smartworld