Lamborghini Gallardo Spyder vs aereo

Smartworld
di Roger Green

Aria di sfida.

La Gallardo LP 570-4 Performante è lo zoccolo duro delle cabrio soft top. Dalla mascella prominente all’alettone in carbonio trasuda grinta e decisione. Quando apre il tettuccio sembra ancora più forte e prorompente, come Hulk quando si strappa la maglietta per mettere a nudo i suoi muscoli. E senza nessun filtro tra voi e il V10 5.2 il suo urlo di guerra è più potente e acuto che mai.

Il ruggito furioso e animalesco si accompagna a uno scatto e a una potenza all’altezza della colonna sonora. Questa Spyder è più potente dei modelli che l’hanno preceduta, e più leggera, grazie alla dieta a base di fibra di carbonio. Non ci sorprende troppo, quindi, che voglia fare lo scalpo a qualcuno. Per questo siamo a Bedford.

All’uscita dell’ultima curva le povere Pirelli PZero Corsa fischiano per protestare contro il modo in cui le ho torturate finora, e quando il motore in terza tocca il limitatore sfioro il paddle e-gear di destra infilando la quarta con la delicatezza di un calcio nelle costole. Perfetto. Oggi non c’è tempo per andare per il sottile. Ho bisogno della velocità, di tutto quello che la Performante ha da offrirmi.

Mentre mi avvicino alla linea di partenza il latrato spaccatimpani di 570 CV che mi scalpitano dietro la schiena viene soffocato da un’altra colonna sonora ancora più demoniaca, quella del flat six 8.9 di un Extra EA-300LP mosso da un Lycoming AEIO-540 a piena potenza che viaggia a circa 300 km/h. A pochi metri dalla mia testa. Le ruote mi passano così vicino che d’istinto mi abbasso.

Questo non è uno dei soliti testa a testa: nonostante una velocità massima di 324 km/h, infatti, la nostra supercar avrà il suo bel daffare per tenere a bada un insolito sfidante.

Il capo pilota della pattuglia acrobatica di Blades, alla guida dell’Extra, le darà parecchio filo da torcere.

Non avrei potuto scegliere uno sfidante più tosto. Myles Garland è un ex pilota della RAF, ha guidato gli Harrier e ha passato tre anni nelle Red Arrows come leader della formazione, in pratica era uno di quei pazzi che vi fanno rabbrividire di paura quando due aeroplani si dirigono uno verso l’altro a oltre 1.250 km/h e poi quasi si sfiorano. Per il test di oggi Myles ha ottenuto dall’aviazione civile il permesso di volare a soli 6 metri d’altezza. E sembra intenzionato a sfruttarlo.

Le regole di questa sfida sono semplici: Myles deve seguire la striscia d’asfalto del Circuito Ovest senza tagliare le curve. Il che diventa abbastanza complicato nei punti più stretti come la Hangar Hairpin – verso cui ci stiamo dirigendo proprio in questo momento – perché non può pestare sui freni in carboceramica per poi infilare il muso in curva come faccio io sulla Lambo. Così quando freno lui mi passa sopra la testa e poi scompare.

«L’unico vero modo per attaccare la curva 1 è salire in verticale» mi dice con tutta calma quando, più tardi, commentiamo i rispettivi giri. «Quando sono arrivato all’ingresso della curva a 305 km/h ho sfruttato l’accelerazione di 7 g per fare un giro di tre quarti. Guardando verso il basso vedevo la pista al contrario sotto di me, con la Performante che stava già affrontando la curva. Ho continuato a spingere il muso verso il basso, in direzione dell’uscita della curva, mi sono rimesso dritto e ho accelerato fino a riportarmi a 305 km/h mentre scendevo in picchiata.»

Una mossa eroica.

Io, da parte mia, avevo a disposizione solo 1 g in frenata e ho dovuto rallentare fino a 50 km/h per non uscire di traiettoria in curva. Non sembra granché, ma è un’ottima prestazione per una supercar con il tetto segato. Senza contare che la trazione integrale permette di riaprire il gas un po’ prima. È una trazione a predominanza posteriore, e il sedere tende a scodare ma parte del peso si scarica all’anteriore – e si sente – in uscita dalle curve. È un po’ più lenta dell’aereo, che però al punto di corda si trova a 275 metri d’altezza, il che significa che dovrà fare mezzo chilometro più della Lambo. Quindi, a conti fatti, io sono in vantaggio.

Ma non per molto. Quando affronto le Palmer Curves mi ritrovo Myles sopra la testa. Questo tratto della pista è sempre complicato per le auto più potenti. Si apre completamente il gas nella lunga curva a sinistra e poi a destra, ma le gomme posteriori non reggono e, quando il sedere si abbassa, l’anteriore è meno reattivo agli input dello sterzo. È una ricerca di equilibrio che richiede pazienza e sensibilità ma la Performante sembra prenderla bene, è tenace e comunicativa. Ma se si esagera parte all’improvviso: non lo auguro a nessuno, soprattutto quando in uscita di curva si toccano i 165 km/h. Myles fa del suo meglio per distrarmi rombando sopra la mia testa, procedendo con le ali ad angolo retto con la pista. Ma a quanto sembra non è un tratto semplice neppure per lui.

«La chicane sinistra-destra si prende a tutta velocità», mi dice. «E l’Extra ha un tale rollio che ogni cambio di direzione genera 6 g di accelerazione, quindi devo stare molto attento perché rischio ogni volta di sbattere la testa contro le pareti dell’abitacolo.

Succede tutto in un batter d’occhio e anche se riesco a vederti sotto la punta dell’ala non posso fare troppa attenzione ai tuoi movimenti perché devo prepararmi per entrare nella curva successiva.»

Oggi non affronteremo la Pif Paf perché per questa sfida abbiamo scelto il circuito di Sud Ovest, più lungo. È quello usato di solito per i trackday e ha il vantaggio di avere un rettilineo in più, permettendo alle due sfidanti di sgranchirsi un po’ le gambe. Ma prima di imboccarlo dobbiamo attraversare la strettissima Bank Complex.

Myles ci arriva in un attimo e così passa in netto vantaggio. Sta già manovrando la cloche e puntando verso il cielo prima ancora che io arrivi alla curva a sinistra. La Performante fa uno scatto degno di una vera supercar – stacca lo 0-100 km/h in meno di 4 secondi – ma l’Extra passa sopra di lei a una velocità che la fa sembrare una lumaca. Per starle dietro avrei bisogno del doppio della potenza.

Il motore Lycoming ha solo 296 CV, che sembrano veramente pochi considerando la sua cilindrata da camion, ma ha il regime massimo a 2.700 giri. È un propulsore raffreddato ad aria con iniezione di carburante, testate in lega di alluminio e alberi a camme in acciaio. Deve essere fortissimo per gestire il carico e le inversioni della forza g e ha un sistema per la circolazione dell’olio che permette una lubrificazione normale con una minima perdita d’olio nel volo rovesciato.

L’Extra ha anche un vantaggio di peso non indifferente. La Performante ha perso 65 kg grazie all’ampio uso del carbonio sia dentro sia fuori e ai cerchi della Superleggera. Il risultato è un peso totale di 1.485 kg, impressionante per un’auto della sua categoria.

Sfortunatamente l’Extra non appartiene alla stessa categoria e fa impallidire la Lambo e il suo grosso alettone. Le ali dell’Extra sono in carbonio e fibra di vetro con un’ossatura di rinforzo in carbonio nel mezzo. Nei velivoli acrobatici ogni grammo è importante, e a serbatoio vuoto il 300LP raggiunge a malapena i 667 kg. Con la benzina e il pilota arriva a 952. È straordinario e la mia sola speranza è di recuperare un po’ di vantaggio nei tratti in cui Myles è costretto a salire di quota.

«È impossibile percorrere la Bank senza generare un’accelerazione laterale mostruosa e rallentare eccessivamente», dice Myles. «Quando si guida a tutta velocità un aeroplano, se si esagera in entrata di curva poi ci si mette una vita a ritrovare la velocità persa durante quella manovra. Con una pista stretta come questa è fondamentale non esagerare con l’accelerazione laterale così io sfrutto la verticalità e cambio direzione salendo invece che percorrendo la curva.

Con il motore a massimo regime e l’elica che si dà da fare per mantenere alta la velocità del velivolo arrivo a 8 g, devo irrigidire i muscoli per tenere il sangue al posto giusto e quando passo sulla pista capovolto guardo giù per individuare l’inizio del rettilineo e iniziare così la discesa, puntando aggressivamente l’uscita della curva».

La parola “aggressivamente” non rende l’idea. Quando si fionda verso terra virando all’ultimo momento per evitare un frontale con l’asfalto e per mantenersi nei limiti dei 6 metri sembra un kamikaze. Le mie speranze di recuperare un po’ di vantaggio si infrangono in uscita di curva. La velocità raggiunta dall’aereo nel tuffo verso il basso è talmente alta che Myles è già alla fine del rettilineo.

«Quando mi porto sui 6 metri all’inizio del rettilineo il tachimetro segna 320 km/h», dice Myles compiaciuto.

«Da brivido. Fa impressione vedere l’erba a pochi metri da te che scorre all’indietro a quella velocità. Mi ha fatto tornare in mente i giorni in cui pilotavo gli Harrier a 950 km/h e 30 metri d’altezza». Non riesco a immaginare come dev’essere, però so che cosa si prova a guidare un bolide alla cieca a 260 km/h: mi è capitato diverse volte di andare a tutto gas dentro una nuvola di fumo sollevata da quelli davanti.

Oltre a quelle che mi sono appena lasciato alle spalle, sul circuito di Bedford non ci sono altre curve lente e quindi ormai non ho più nessuna possibilità di recuperare un po’ di vantaggio. So già di aver perso. Ma era scontato. Myles taglia il traguardo 36 secondi prima di me: in pratica se avessimo percorso altri quattro giri mi avrebbe doppiato.

Che cosa abbiamo imparato da questa sfida impossibile? Beh, innanzitutto che la Gallardo, nonostante tutto, ha ancora grinta da vendere. Avrà anche dieci anni, ma ha ancora molto da offrire. È dinamicamente solida, ha tantissimo grip e ti tira una bella botta nella schiena in accelerazione, senza contare l’atteggiamento da diva che si sposa perfettamente con la sua maestosa colonna sonora e con il look esagerato.

Però se volete lanciarla in un testa a testa vi do un piccolo consiglio: non osate sfidare un aereo della pattuglia acrobatica, per di più guidato da uno dei migliori piloti di tutta l’Inghilterra. Perché perdereste. Garantito.

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