Pagani Huayra

Smartworld
di Harry Metcalfe

L'erede della Zonda divora l'asfalto.

Pagani Huayra

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di Harry Metcalfe

L'erede della Zonda divora l'asfalto.

Ok, ammetto che quando ho ricevuto un invito per il “raduno” ero un po’ preoccupato: immaginavo una specie di festa popolare tra il mistico e il fuori di testa. Così ho deciso di fare una ricerchina in Google, che però non è servita a rassicurarmi. Ho scoperto che il primo “Raduno” con questo nome è stato un evento organizzato dalla Christian Vision for Men in un campo vicino a Swindon. Gironzolare tra i tepee nel fango e cantare inni in coro non è proprio la mia idea di divertimento.

Fortunatamente il raduno a cui sono stato invitato non è a Swindon ma in Sardegna: come inizio non c’è male. Il raduno Pagani è arrivato al settimo anno ed è organizzato dalla Casa per riunire i fan della Pagani e farli divertire su qualche bella strada locale. L’unico lato negativo è l’altissimo costo del biglietto per partecipare all’evento, e con questo non intendo solo l’obolo di ingresso di 2.400 euro. Fondamentalmente, per essere invitati a questo party si deve possedere una Pagani o essere in lista per comprarne una.

Il raduno di quest’anno si preannuncia ancora più eccitante del solito perché Horacio Pagani ha deciso di portare la sua Huayra. E non è finita qui: ha detto che la farà persino guidare a qualcuno degli invitati. Dovrò fare in modo di essere tra i fortunati… L’unica pecca è che la mia Zonda aveva assolutamente bisogno di un tagliando e così è stata portata nello stabilimento di Modena un paio di settimane prima. Volevo che fosse in forma per il raduno…

Quando arrivo davanti alla fabbrica per ritirare la mia auto cerco in tutti i modi di frenare il mio entusiasmo.

Ci pensa il conto: è così salato che sembra una doccia fredda. Dopo aver fatto un giretto in officina (dove ci sono tre Zonda R, una Huayra, cinque Zonda “normali” e una Zonda molto speciale di cui però non vi posso parlare) è tempo di partire per la Sardegna. Parte del viaggio sarà in traghetto: una cosa nuova per la mia Zonda.

La strada fino a Livorno non ha niente di stupefacente, il divertimento inizia quando infilo il muso nel porto. Nascosta dietro l’ingresso c’è la Guardia di Finanza che pensa di aver fatto il colpaccio quando vede la mia auto e mi fa segno di accostare. Devo ammettere che non ha tutti i torti: una Zonda senza la targa anteriore pronta a salpare per una traversata notturna per la Sardegna farebbe venire qualche sospetto a chiunque. Però il mio passaporto inglese sembra essere d’aiuto e alla fine mi lasciano andare. È evidente che sono un po’ delusi…

Non vi dico che trambusto quando mi allineo con le altre auto in attesa della nave. I tizi che dirigono il traffico all’interno delle corsie per il traghetto gesticolano come matti. «Mi serve il libretto dell’auto», mi dice uno in pessimo inglese. Non ho intenzione di litigare ma proprio non capisco quale sia il problema. Glielo passo, lui lo guarda e sembra soddisfatto. «Va bene. Questa non è un’auto, è un camion», dice ridendo. Così scopro che se il veicolo da imbarcare è più largo di due metri (e la Zonda è 2,04 metri) non viene classificato come auto e così devo mettermi in coda con i camper. Non vi dico che faccia fanno i camperisti quando mi vedono…

Il mattino dopo, alle 8 spaccate, le rampe della nave si aprono e la Zonda emerge al sole accecante della Sardegna.

Ci sono già 25 gradi e le strade sono piene di vacanzieri. Quando scorgo stralci di mare turchese alla mia destra capisco il fascino di quest’isola magica.

L’albergo scelto da Pagani per i partecipanti al raduno è una meraviglia ma la cosa che mi colpisce di più è il parcheggio. Sparse tra le Ferrari (599 GTO, 458 e 575 Superamerica) e varie AMG (incluse tre SLS) ci sono otto Zonda e anche la star dello show: la Pagani Huayra. Che spettacolo: sono venuto fin qui apposta per vedere lei.

C’è solo il tempo per un caffè prima di riunirsi tutti nel parcheggio, pronti per il giro di oggi su alcune delle strade più belle dell’isola. Sgomitando riesco a piazzarmi dietro la Huayra e passo l’ora successiva attaccato al suo didietro sulle tortuose strade costiere. Sono affascinato dalle sue alette aerodinamiche attive: sembrano avere una vita a sé. È impossibile prevedere che cosa faranno un momento dopo. Quando la Huayra accelera leggermente si sollevano di un paio di centimetri, poi si fermano prima di sollevarsi ancora alle alte velocità. In fase di frenata prima di una curva si alzano quasi in verticale e poi, mentre l’auto si assesta, quella esterna si ferma mentre quella interna continua a muoversi (probabilmente per aumentare la deportanza e avvantaggiare la ruota interna). Dopo il punto di corda le due alette si abbassano in contemporanea e l’auto si fionda fuori dalla curva.

Non ho mai visto niente di simile su un’auto: le alette non si sollevano per rimanere in posizione e poi riabbassarsi ma si muovono costantemente (sia davanti sia dietro). Funzionano? Lo scopriremo quando avremo finalmente occasione di guidare personalmente la Huayra ma a livello di spettacolarità non c’è niente di simile al mondo.

Non dobbiamo aspettare molto per imbatterci in un rettilineo come dio comanda.

Non so se Horacio sta spingendo al massimo oppure se la sta prendendo comoda ma la mia Zonda sembra stargli dietro senza problemi. Poi incontriamo un rettilineo più lungo e, per la prima volta, sento il V12 6 litri doppio turbo da 720 CV della Huayra in tutta la sua potenza. Il suo sound è completamente diverso da quello del V12 aspirato Zonda: è più profondo e complesso. A essere sinceri sono un po’ deluso ma l’accelerazione che esibisce il V12 turbo mi ripaga di tutto e ben presto la Huayra mi lascia indietro in una nuvola di polvere. Non ci sono dubbi sulle sue prestazioni: la Huayra è una scheggia.

Quella sera chiacchiero con alcune persone che hanno lasciato un deposito per la Huayra. A quanto pare ciò che le ha attratte è l’incredibile attenzione ai dettagli della Pagani, oltre al prezzo leggermente inferiore (di circa 500.000 euro) rispetto alle attuali edizioni speciali della Zonda.

Un futuro proprietario proveniente da Hong Kong mi dice che ha scelto la Huayra perché si è innamorato degli interni. «Tutte le supercar oggi hanno prestazioni incredibili ma quando, fermo in coda o al semaforo al volante della Enzo, inizio a guardare gli interni fanno schifo», dice. «Invece con la Huayra ogni volta che guardo l’abitacolo me ne innamoro sempre di più. L’esterno è fatto per il piacere di chi guarda, dei passanti, ma la cosa che colpisce di più il proprietario è l’abitacolo: se è fatto bene si ha la sensazione di essere a bordo di un’auto davvero speciale».

Il giorno dopo ho appuntamento con Horacio alle 9 di mattina. Ha promesso di farmi fare un giro sulla Huayra prima che gli altri si sveglino.

Mentre mi avvicino all’auto, con le portiere sollevate verso il cielo, sono già stato conquistato dal suo fascino. Horacio è già seduto al posto di guida e pronto a partire così salgo subito a bordo. Quando gira la chiave – che sembra una macchinina spiaccicata contro il cruscotto – il V12 biturbo si risveglia. È più civile di quanto mi aspettassi, specialmente rispetto alla Zonda, che ruggisce e sbraita anche al minimo.

Horacio infila la retro e mette subito alla prova il cambio automatico facendo 230 metri in salita all’indietro per uscire dal parcheggio. Non si sente la minima vibrazione e la frizione non ha nessun problema in nessun punto a inserirsi o sganciarsi. Sono stupefatto da quanto è fantastica e rimango a bocca aperta quando Horacio mi dice che non è perfetta: ci sta ancora lavorando.

Una volta in strada Horacio va piano per far riscaldare il motore. Io ne approfitto per dare un’occhiata all’abitacolo: la Huayra è spaziosa quanto la Zonda e la visibilità è buona. La visuale anteriore sembra la stessa grazie al parabrezza avvolgente e a quelle caratteristiche prese d’aria centrali periscopiche. Sono sorpreso di vedere Horacio cambiare marcia con la leva centrale invece che con i paddle al volante. «Sono un po’ all’antica», mi dice quando glielo faccio notare. La guida sembra fluida, specialmente nel modo di affrontare le sconnessioni improvvise. Sulla Zonda una buca del genere farebbe fare gli straordinari alle sospensioni facendo vibrare tutto l’abitacolo ma con la Huayra è tutta un’altra cosa: in termini di raffinatezza sembra anni luce avanti. Quando finalmente il motore va in temperatura Horacio apre il gas sul primo rettilineo che incontra. Mi racconta che l’ispirazione per la Zonda gli è venuta da un’auto da endurance di Gruppo C ma per la Huayra ha voluto catturare il momento in cui un jet decolla.

Poi si concentra sulla strada e seppellisce l’acceleratore. Non so che cosa sia più scioccante: il bombardamento improvviso e in dolby surround dei turbo che si risvegliano o lo sdegno con cui la Huayra divora l’asfalto sotto di lei.

Sembra quasi di stare a bordo di un jet. A giudicare dal rumore nell’abitacolo pare di essere nell’occhio del ciclone. La sua potenza e irruenza sono stupefacenti e proprio quando pensi che il V12 abbia dato tutto se stesso arriva una nuova botta di accelerazione. Questa belva sembra veloce quanto la Veyron ma molto più eccitante, soprattutto grazie alla colonna sonora surreale da jet. Sono sollevato: questo era il mio unico timore. Forse da fuori non avrà il ruggito della Zonda ma da dentro ha un sound incredibile.

Quello che è subito evidente, comunque, è che la Huayra è un’auto completamente diversa dalla Zonda. Forse l’ho già detto una volta ma mi ripeto: spero che Pagani continui a fare la Zonda ancora per un po’. Nient’altro – nemmeno la Huayra, temo – fa vivere un’esperienza di guida così intensa e interattiva.

La Huayra compensa con qualcosa di altrettanto importante. Quest’auto unisce la tecnologia di ultima generazione con una sapienza artigianale da vecchia scuola e il risultato è un nuovo genere di supercar. Capisco che qualcuno possa lamentarsi del cambio automatico e del turbo perché tolgono qualcosa all’esperienza di guida ma è voler andare a cercare il pelo nell’uovo. La Huayra ha prestazioni ancora più esagerate di quella della Zonda e comfort alla massima potenza ma con lei quello che non si potrà mai più dimenticare è l’esperienza sensoriale che si vive quando il motore dà tutto se stesso, oltre che la stupefacente colonna sonora.

Horacio Pagani sa meglio di chiunque altro quello che la gente vuole da una supercar e durante la progettazione della Huayra si è reso conto che quello che oggi conquista e fa vendere una supercar non è più la pura prestazione ma l’esperienza di guida.

E offrendo qualcosa di completamente diverso da tutti gli altri ha fatto centro. Non vedo l’ora di provare personalmente la Huayra. So già che sarà speciale.