Pol Espargaró ha gli occhi vispi, il sorriso contagioso e la lingua scioltissima. Anche se non parla mai la sua, durante l’intervista. Il 25enne pilota catalano si esprime tutto il tempo in perfetto italiano e spiega perché: “Non ho vissuto nel vostro Paese ma ho lavorato a lungo con gli italiani. Nel Motomondiale, classe 125, ho debuttato con il team Campetella Racing e nella Moto2 ho corso per la scuderia HP Tuenti Speed Up. In più, l’idioma è simile al mio e mi piace molto: come potrei non conoscerlo?”.
Campione del mondo della Moto2 nel 2013, fratello di Aleix, che ha 2 anni in più ed è suo rivale nella MotoGP, nell’ultima gara del 2016, a Valencia, il rider terminerà l’esperienza con la squadra Monster Yamaha Tech3: la prossima stagione lo aspetta una nuova avventura, in sella alla RC16 del team debuttante della KTM.
Entrare a far parte di una scuderia nuova di zecca è rischioso: è stata una decisione difficile da prendere?
“No, avevo altre offerte ma non ho avuto mezzo dubbio. A darmi una mano nella scelta sono state la classifica e la Suzuki”.
Racconta.
“I piloti ufficiali sono quelli che vincono sempre o quasi e la factory giapponese, tornata a gareggiare nel 2015, si è dimostrata subito competitiva. Quest’anno è anche salita sul gradino più alto del podio.
La KTM mi offre l’opportunità di guidare una moto ufficiale (dividerà il box con l’attuale compagno Bradley Smith, ndr) e ottiene grandi risultati ovunque gareggi, che si tratti del titolo nella Moto3 o degli ottimi piazzamenti nel motocross. Credo parecchio nel progetto: la casa costruttrice austriaca farà il massimo per permettermi di lottare con i migliori”.
Cosa faresti, pur di laurearti campione della MotoGP?
“Qualsiasi! Ho vinto un Mondiale nella Moto2 e mi sono reso conto di cosa significhi conquistare un titolo: diventare il numero 1 nella classe regina deve essere straordinario.
È il mio obiettivo e servono moto e squadra: spero che sulla RC16 realizzerò il sogno”.
Il tuo punto debole e quello forte in pista?
“Quando c’è molto grip riesco a fare un giro bello veloce. Devo migliorare la sensibilità, però: per utilizzare il pontenziale di una moto eccellente come la Yamaha mi sarebbe servita maggiore delicatezza. Lorenzo è un fenomeno in questo”.
Una qualità che invidi a tuo fratello Aleix?
“Sono almeno tre: parte alla velocità della luce, scala posizioni su posizioni e stacca tardi”.
Vi capita di sfidarvi?
“Di continuo: abitiamo entrambi ad Andorra e ci alleniamo spesso insieme. Ovviamente ogni seduta, che si tratti di palestra, bici o moto, è l’occasione buona per metterci alla prova.
Avere un fratello che ritrovi in gara è un gran vantaggio: siamo l’uno per l’altro un ottimo termine di paragone. Il confronto ci stimola e ci aiuta ad arrivare più forti in griglia di partenza”.
Chi vince di più?
“Dipende: motocross e bici sono i campi di battaglia preferiti di Aleix, ma io lo batto nel supermotard e nel downhill. Nel dirt track, invece, la lotta è sempre durissima”.
Come mai hai scelto di portare il numero 44 sul cupolino?
“Lo portava Alex Barros, ancora oggi il mio idolo. L’ho incontrato la prima volta quando ero bambino e già correvo, grazie al mio manager che lo conosceva: mi ha accolto nel motorhome con una gentilezza esagerata e sono tornato a casa ancora più entusiasta di lui”.
Perché ti piaceva tanto?
“Era uno staccatore fenomenale e lottava fino all’ultimo. Come me, non era un pilota ufficiale e anche per questo è stato un esempio: casi del destino, quando cadeva sulla Honda, spesso cadevo anche io e vedere che non mollava mai mi dava la forza di rialzarmi e riprovarci.
Oggi siamo amici e ci sentiamo di frequente: quando a Silverstone ho avuto l’incidente con Loris Baz, a settembre, mi hai inviato un messaggio per sapere come stessi””.
Ti ha dato qualche consiglio?
“Tengo sempre a mente una sua frase: ‘Questo mestiere è il più bello del mondo’.
Aveva ragione e do l’anima per dimostrare il mio entusiasmo e la mia passione”.
Hai altre passioni?
“Amo la natura e gli animali. Per festeggiare la vittoria del Mondiale ho comprato un cane: si chiama Eina ed è una specie di personal trainer. Abbiamo cominciato il workout in vista del passaggio alla MotoGP: i prototipi richiedono un fisico potente e avevo aumentato il carico di lavoro in altura. Andorra è circondata dalle montagne, lei è un husky e ancora oggi è la compagna di running perfetta. Ed è il mio scacciapensieri: insieme a Eina stacco la spina e, finalmente, mi rilasso.
Il surf ha stesso effetto positivo: sulle onde dimentico che sono un pilota e mi godo l’attimo”.
Vivi solo?
“No, con Carlota, la mia ragazza. Stiamo insieme da 7 anni ed è un punto di riferimento anche in circuito. La sua presenza è fondamentale soprattutto quando qualcosa va storto, perché mi conforta e mi carica”.
Ti sposerai giovane come Aleix?
“Non entro nei dettagli perché Carlota ancora non lo sa, ma manca poco!”
(Foto: Dario Aio)