Seat Leon Cup Racer, la prova in pista

Smartworld
di Francesco Neri

Abbiamo guidato la Leon Cup Racer che corre nell’omonimo monomarca, e l’abbiamo fatto in gara

Guidare una macchina sul circuito di Monza è sempre una sensazione speciale, se poi si tratta di una macchina da corsa, per di più in gara, allora è quasi unica. L’auto in questione è la Seat Leon Cup Racer, la vettura che corre nel campionato monomarca Seat Leon Cup. Monza è l’ultima tappa della stagione 2016 e per me è la prima volta sulla Leon, ma per fortuna non la prima al Tempio della Velocità.

LA SEAT LEON CUP RACER

A guardarla da fuori sembra una Leon schiacciata, tanto è bassa e larga. In effetti lo è: le carreggiate allargate (che contengono enormi prese d’aria per i freni) portano la larghezza complessiva dell’auto a 1,95 m, mentre l’enorme alettone e gli splitter fanno scoppiare la spagnola di testosterone. Ma l’esasperazione aerodinamica non è ingiustificata: sotto il cofano della Leon Cup Racer troviamo infatti il 2.0 TSI della Cupra originale, ma invece di 290 CV eroga 330 CV a 6.250 giri e una coppia massima di 410 Nm costanti tra i 2.000 e i 5.000 giri.

Le gomme slick Yokohama da 250 mm sono posate su cerchi da 18” con canale da 10”, mentre a frenare la Leon ci pensano dischi da 378 mm all’anteriore (e da 272 mm al posteriore) autoventilati con pinze a 6 pistoncini mm di diametro. Niente servofreno, niente ABS e niente controlli di trazione e stabilità: solo un differenziale meccanico a controllo elettronico e un ripartitore di franata manuale.
L’auto è completamente svuotata di ogni pannello, sedile e peso inutile, mentre compare un roll-bar a gabbia di sicurezza che aumenta la rigidità torsionale. Il peso a secco della Cup Racer così scende a 1190 kg e il rapporto peso potenza è di soli 3,6 kg/CV.

Tutto questo aiuta a trasformare la già performante Leon Cupra in uno strumento da corsa.

Solo il cambio DSG, anche se tarato per la corsa, è l’unico elemento che stona in mezzo ad un pacchetto così professionale.

AL VOLANTE DELLA CUP RACER

Avvolti nel sedile da corsa si sta seduti molto in basso. Attorno a voi non c’è niente a distrarvi: solo  roll bar, metallo bianco e il volante che ingloba gran parte dei comandi come i settaggi del differenziale, la comunicazione radio, il limitatore di velocità e le luci.
Il sound del 2.0 TSI è da pelle d’oca, soprattutto da fuori, dove il quattro cilindri turbo da il meglio di se scoppiando e urlando a voce grossa. Esco dai box e muovo i primi giri per scaldare le gomme: le slick da fredde sono ingestibili, come guidare sul ghiaccio, ma avete molto meno angolo di sterzo per controllare l’eventuale sovrasterzo. Naturalmente in uscita dalla prima variante il posteriore mi parte come se avessi tirato il freno a mano, ma grazie a dio sul ghiaccio un po’ so guidare…

Una volte entrate in temperatura, però, il grip delle slick è monumentale. La Seat Leon Cup Racer ha un limite semplicemente altissimo e per arrivare a sfruttarlo serve tempo. La si percepisce larga, quadrata, capace percorrere le curve a qualsiasi velocità. I due pedali sono posizionati al centro e abbastanza distanziati tra di loro, una posizione che rende molto naturale frenare con il piede sinistro e guidarla come se fosse un grosso go-kart. Bisogna pestare fortissimo per frenarla, vista la mancanza del servofreno, ma il pedale vi dice esattamente quanto state osando e la capacità di eliminare velocità della Cup Racer è impressionante.

Il motore spinge molto forte e regolare, ma l’auto è così stabile e controllata che i 330 CV non sembrano tanti per il telaio, anche se in uscita dalla prima variante in seconda marcia anche il differenziale autobloccante fa fatica a contenere l’esuberanza del 2.0 TSI.

Il cambio DSG con paddle al volante, invece, è caratterizzato da una certa dolcezza e da un pizzico di inerzia. Non dico che sia lento, ma la precisione e l’immediatezza di un sequenziale da corsa sono un’altra cosa. Tolto questo, la Leon Cup Racer è una vera belva: in percorrenza c’è un grip semplicemente esagerato e in staccata l’auto è stabile, piantata, pronta per aggredire i cordoli con precisione millimetrica. C’è pochissima inerzia nei cambiamenti di direzione e disegnare traiettorie perfette sembra la cosa più naturale del mondo.
Proprio per il suo grip elevatissimo è difficile capire quanto state spingendo, se l’auto sta “scorrendo” abbastanza o se state esagerando.

È una vettura velocissima, dalla precisione chirurgica e dalle sensazioni forti. Va guidata con sicurezza e decisione: non c’è spazio per le incertezze, altrimenti il posteriore comincia ad agitarsi e controsterzare con un’auto da gara non è mai bello. Ma la ricompensa è grandissima.