The Crew ci porta a spasso per gli USA: la recensione del racing game Ubisoft

Smartworld
di Stefano Valente

Il più grande open-world di tutti i tempi? 

Sin dal suo annuncio The Crew ha solleticato la fantasia di moltissimi videogiocatori appassionati di auto: nessuno prima di Ubisoft aveva infatti promesso un open-world dalle dimensioni così imponenti in cui ambientare un racing game dalla forte impronta social.

Ora finalmente, dopo il passo falso di Assassin’s Creed Unity e il successo di Far Cry 4, possiamo finalmente mettere le mani su The Crew che è disponibile su PC, PlayStation 4, Xbox One e persino su Xbox 360. La nostra storia “d’amore” con The Crew risale alla prima beta estiva e sin da allora lo abbiamo visto crescere, prova dopo prova. Vediamo quindi ora in questa recensione se le aspettative sono state rispettate o se qualcosa è andato storto. 

Alex Taylor

Uno degli aspetti più interessanti di The Crew è che ha una storia: di solito racing game e multiplayer online sono due elementi che non fanno proprio rima con una bella trama, ma The Crew si sforza di creare un percorso per il suo protagonista, Alex Taylor, che lo porti in giro per gli USA. 

Alex cercherà infatti di vendicare la morte del fratello, avvenuta per colpa di un agente federale corrotto e di un delinquente di una gang. Sotto copertura, Alex si infiltrerà nei 5-10 (la banda che domina le strade di mezza America) alla caccia dei colpevoli per l’assassinio di suo fratello. Purtroppo però la storia è colma di cliché sino all’inverosimile e servirà solo come scusa per muoversi da una città all’altra. 

5 spec, possono bastare?

Le vostre auto sono infatti modificabili in cinque categorie differenti, ognuna delle quali sbloccabile in una delle città che ospita un’officina: si inizia a Detroid con la spec Tuning, poi si passa a New York per la spec Off-road (fuoristrada), si vola verso Miami per la spec Extreme (una versione potenziata di Tuning), si fa un salto a Las Vegas per la spec Raid (versione potenziata di Off-road) e infine si giunge a Los Angeles per la spec Pista.
Non tutte le auto possono però essere modificate in ogni spec, ad esempio l’Alfa Romeo 8C può essere “declinata” solo nelle versioni Extreme e Pista.

Il vostro compito sarà quindi quello di proseguire nella storia, avanzare di livello e comprare (quando è possibile) delle macchine nuove da potenziare.

Per assicurare una esperienza graduale, gli sviluppatori di Ivory Tower hanno limitato l’accesso alle officine tuning di ogni città ai personaggi di un determinato livello: dovrete infatti raggiungere il livello 10 per modificare la macchina con la spec Off-road, 20 per la spec Extreme e così via.

L’ascesa tra i 5-10

L’accesso alle officine Tuning sblocca anche le missioni della zona e oltre a quelle della storia principale troviamo una miriade di eventi minori che possono essere intrapresi senza alcuno stacco dalla normale navigazione in auto: si tratta di sfide che fan da riempitivo tra uno spostamento e l’altro e vi vedranno impegnati in azioni quali slalom tra pali, mantenere l’auto su una traiettoria segnata sulla strada, colpire dei bersagli e così via.

Al completamento di ogni missione (sia della storia che degli eventi in giro) si riceve una medaglia ed un pezzo per l’auto con la quale si è completata la missione. I componenti aumentano determinate caratteristiche dell’auto e sono di qualità maggiore a seconda della medaglia guadagnata, ad esempio è possibile che un pezzo di bronzo migliori di 5 punti la frenata mentre un pezzo d’argento possa migliorarla anche di 10…

Il giocatore è così spinto a intraprendere spesso gli eventi sparsi sulla mappa e ci si ritrova anche a ripeterli per migliorarsi. Ci vuole comunque un bel po’ di tempo per orientarsi nel gioco e capire come tutte le caratteristiche di The Crew si incastrino tra di loro, specialmente sul fronte del tuning delle macchine. Si tratta senza dubbio di un sistema di progressione del personaggio e delle macchine molto profondo, che avrebbe forse meritato una spiegazione più chiara.  

The Crew, senza crew

Le missioni della storia possono essere intraprese da soli o con la propria Crew che, come abbiamo potuto riscontrare in fase di recensione, è un’associazione tra giocatori molto meno strutturata di quanto ci saremmo aspettati. Se si vuole fare una partita in co-op con altri giocatori online, il gioco crea delle crew temporanee che verranno poi sciolte dai giocatori stessi al termine delle missioni.

Al tempo stesso se create una crew con degli amici, non potrete più fare le missioni con altri giocatori online, se non prima di aver lasciato la crew a cui appartenete per poi crearne un’altra al volo.

Questo sistema, di nuovo più complesso di quanto ci saremmo aspettati, è limitante e va a ledere quella che sarebbe dovuta essere la caratteristica principale del gioco, ovvero l’esperienza social. Inoltre le sessioni di gioco sono spesso popolate da pochissimi giocatori, quindi anche trovare degli utenti a caso che ci aiutino nelle missioni non è così semplice o immediato. 

Per quanto riguarda le gare online ci sono altre difficoltà: ad esempio abbiamo riscontrato problemi di lag tali da rovinare l’esperienza, con auto avversarie e del traffico cittadino che compaiono e scompaiono all’improvviso o cambiano posizione in maniera per niente naturale, impedendo di calcolare quindi le traiettorie per i sorpassi. Il tutto si traduce spesso in immensi incidenti tanto scenici, quanto frustranti.  

Un mondo immenso 

Lag a parte, da un punto di vista tecnico The Crew comunque se la cava abbastanza bene. Il livello di dettaglio su console non è alto come su PC e anche in quel caso non raggiunge le vette toccate da DriveClub o da Forza Horizon 2, ma parliamo comunque di un gioco infinitamente più grande e del tutto fuori scala. Il livello di dettaglio delle auto è più che soddisfacente, mentre gli ambienti si alternano in mediocri nelle fasi cittadine e stupefacenti quando si affronta l’immensa natura americana. Anche il frame rate se la cava bene, con sporadici rallentamenti, ma che raramente riescono a rovinare l’adrenalinica sensazione di velocità che danno le spec più avanzate.

Il mondo di gioco ricreato da Ivory Tower è semplicemente sconvolgente: sia per dimensioni che per dettagli, riesce a far assaporare quella che è la tanto decantata libertà dei viaggi coast-to-coast americani: pur essendo, ovviamente, in scala, percorrere in lungo e in largo l’ambientazione di The Crew richiede moltissimo tempo.

Per darvi un’idea, vi basti pensare che un coast-to-coast da New York a Los Angeles ci ha tenuti impegnati per più di un’ora con una velocità media di 200 Km/h.

Infine Ubisoft, come sempre, cura moltissimo anche l’audio nel suoi giochi e The Crew non è da meno con una selezione di brani molto varia per le radio da ascoltare in auto e una colonna sonora originale molto accattivante per sottolineare i momenti più cruciali delle missioni principali. 

Un gioco indeciso? 

Nel complesso l’esperimento di The Crew può dirsi riuscito, anche se non a pieni voti. Tra i difetti principali troviamo alcune meccaniche riciclate da altri giochi Ubisoft, un’incertezza sull’identità del gioco, problemi di lag, alcune missioni frustranti nella campagna principale, una fisica talvolta assurda e un’iniziale confusione dovuta alla mole di cose da fare e di upgrade possibili non ben spiegati.

Ma tra i pregi troviamo alcune delle ambientazioni più belle mai viste in un racing game, le dimensioni della mappa assolutamente inedite ed abnormi, un sistema di guida che cambia molto da una spec all’altra, le missioni coast to coast (della durata di svariate ore) semplicemente affascinanti  e una progressione del personaggio e delle auto che faranno la felicità di tutti gli appassionati dei giochi di ruolo. 

Anche perché, a ben pensarci, The Crew è forse uno dei pochi giochi di guida consigliato più a chi non digerisce il genere che agli appassionati. 

E, in qualche modo, questo è un gran pregio.