Un leggero sibilo in accelerazione, il classico ronzio di ricarica delle batterie in decelerazione e frenata. Silenzio mentre si guida, si sente appena il rotolamento dei pneumatici e leggeri rumori del vento che investe la carrozzeria. La nuova Toyota Mirai, auto a idrogeno e fuel cell, alla guida è come una vettura elettrica. Ne ha tutti i vantaggi, ma in più, grazie al serbatoio a idrogeno, vanta un’autonomia vera superiore ai 350 km.
Con un chilo di gas si fanno cento chilometri, l’idrogeno in Germania costa, ora, 9,80 euro al chilo. Dunque si spende come con una efficiente auto a benzina. Ma allo scarico esce solo un refolo di vapore acqueo. Perché, semplificando, la Mirai funziona così: l’idrogeno si combina con l’ossigeno nelle fuel cell producendo energia elettrica che a sua volta muove il motore elettrico anteriore o si stocca nel pacco di batterie. Il combinarsi di idrogeno e ossigeno produce acqua, un po’ come negli impianti di climatizzazione.
Per fare rifornimento, nelle nuove stazioni a 750 bar di pressione, bastano pochi minuti. Insomma una mobilità a emissioni zero. L’uovo di Colombo, anche perché i nuovi serbatoi di idrogeno sono indistruttibili e non si incendiano, nemmeno se ci mettete sotto un fornello acceso. Il problema è che occorre una rete ex novo di distributori. Dove abbiamo fatto la prova, ad Amburgo, ne hanno aperto uno e il programma in Germania è di farne 400 entro il 2020. In Italia siamo a uno, a Bolzano. Ma su questo tema torneremo alla fine. Vediamo intanto come è fatta e come va la Mirai, nome che in giapponese vuol dire futuro.
Stile e interni
Anche se il design non è certo il primo motivo d’acquisto di una Toyota Mirai, dato che si rivolge alla fascia più ecologica degli automobilisti, le linee esterne lasciano un po’ perplessi, nel senso che sono molto caratterizzate dalla cultura giapponese. Di certo bisogna abituarsi, con quelle linee spigolose e verticali, i fanali a LED che disegnano delle elle, la linea di cintura inclinata e il tetto spiovente.
Se dall’esterno può non entusiasmare, l’interno è invece caratterizzato da soluzioni innovative e da un certo fascino, come il display a centro plancia, l’illuminazione soft, i comandi touch, la leva del cambio automatico tipica delle ibride, piccola e di design.
Materiali ottimi, tutto sotto controllo, sedili e regolazioni da top class. Al volante si è seduti in un ambiente accogliente e tecnologico, ma senza esagerazioni o proliferazioni di comandi. Non mancano i portalattine, gli scomparti per gli oggetti e gli occhiali da sole. Una buona premessa per viaggi rilassanti.
Impressioni di guida
Abbiamo guidato la Toyota Mirai lungo strade e autostrade tra Amburgo e Lubecca con un pezzo di città assai trafficato. Una volta seduti al posto guida si schiaccia il bottone start e si illumina il quadro comandi. L’auto resta silenziosa. Pomello del cambio in drive e ci si muove con la delicatezza tipica delle auto elettriche. Due indicatori forniscono lo stato di carica della batteria e la quantità di idrogeno nel serbatoio, un terzo ti ricorda l’autonomia.
Partiamo col pieno e 360 km di autonomia. Nel traffico a ogni semaforo l’auto zittisce, col verde scatta in souplesse in modalità eco. Se invece selezionate il tasto power le accelerazioni diventano più consistenti e ve ne andate via con decisione. Il motore elettrico fornisce 150 CV di potenza come un 2.0 turbodiesel, da zero a cento scatta in 9,6 secondi, la velocità massima è di 178 km/h, ma in autostrada, dove non c’erano limiti, abbiamo superato senza fatica i 185 di tachimetro e ce n’era ancora. L’auto non sembrava affatto impiccata, merito anche della eccellente aerodinamica, con un Cx dichiarato di 0,29.
In marcia si percepisce che la Toyota Mirai è abbastanza pesante, 1.850 kg non sono pochi, ma sono ben ripartiti. La trazione anteriore vi consente di entrare e uscire dalle curve anche con una certa decisione, pur restando il fatto che la Mirai inclina a una guida soft, come dev’essere per una vettura la cui missione è di non inquinare.
Nei sorpassi basta mettere power e il motore reagisce in modo più brillante, deciso, pur sempre silenzioso.
Perché il bello dell’elettrico-idrogeno è che il silenzio a bordo è una qualità impagabile: si parla senza alzare la voce e si sente meglio la musica, diffusa nell’abitacolo da un efficace impianto targato JBL. Diciamo che è come viaggiare su una berlina di alta qualità e con le prestazioni di un motore termico vivace. Dopo circa 170 km avevamo ancora mezzo serbatoio, segnale di un consumo prossimo al dichiarato, tenuto conto del traffico cittadino e di alcune affondate in autostrada.
Conclusioni e prezzi
La commercializzazione della Toyota Mirai inizia in Germania, Danimarca, Belgio e Regno Unito, Paesi dove la sensibilità per le vetture a zero emissioni è più marcata. Il prezzo in Germania è di 67.000 euro, ma ci sono formule di finanziamento spalmate su quattro anni con relativa garanzia fino a 100.000 km.
Il prezzo, ovviamente, risente degli investimenti, un po’ come l’ibrido qualche anno fa ed è destinato a scendere se il mercato incomincerà ad apprezzare questa soluzione. Il vantaggio nei confronti delle vetture elettriche è doppio: velocità di rifornimento e autonomia più che sufficiente per viaggi e weekend. Di contro resta il problema della rete.
La Toyota Mirai, in Italia, potrebbe arrivare nel 2017, sempre che si sviluppi un minimo di possibilità di rifornimento, oltre l’esperimento pilota di Bolzano. Se pensiamo alla disponibilità delle colonnine di ricarica per le elettriche, ancora troppo poche, benché molto più semplici da installare rispetto alla costruzione di un distributore per l’idrogeno, viene un pelo di sconforto.
Perché quello che dimostra Mirai, ma anche altre vetture solo elettriche o plug-in ormai con autonomia più che accettabile, è che l’industria dell’auto è ormai pronta con soluzioni che annullano l’inquinamento atmosferico e acustico.
La politica, che si scalda se un diesel supera di poco i limiti di NOx, è invece totalmente fredda o assente nell’affrontare un discorso più ampio. Se ci sta a cuore l’aria che respiriamo non si può delegare il problema alla buona volontà di singole amministrazioni, ma andrebbe affrontato con un piano nazionale di progressiva sostituzione delle auto con motore termico con altre a zero inquinamento. Ci sono, mancano le infrastrutture.