Dan Gurney: pilota e non solo

Dan Gurney
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Ha vinto tanto (ma meno di quanto avrebbe meritato) come driver e come proprietario di team ed è stato anche un ...inventore

Dan Gurney non è stato un pilota come tutti gli altri: è stato il primo uomo al mondo a vincere in F1, con le Sport, in Formula Indy e nella NASCAR, ha conquistato una 24 Ore di Le Mans inaugurando la tradizione dello champagne sul podio, ha trionfato come proprietario di team ed è stato anche un inventore.

Scopriamo insieme la storia del driver statunitense: non ha mai vinto un Mondiale con le monoposto ma era l’unico pilota ad essere temuto da Jim Clark (due volte iridato nel Circus). Senza dimenticare che a parità di vettura è stato capace di tenersi dietro due campioni del mondo.

Dan Gurney: la storia

Dan Gurney nasce il 13 aprile 1931 a Port Jefferson (USA). Figlio di un cantante lirico e nipote di un produttore di cuscinetti a sfera, si trasferisce dopo il diploma in California con la famiglia, si arruola nell’esercito e combatte nella Guerra di Corea.

Le prime gare

Appassionato di auto, inizia a correre il 23 ottobre 1955 con una Triumph TR2 a Torrey Pines chiudendo in 10° posizione. La prima vittoria arriva invece a Riverside il 22 settembre 1957 con una Chevrolet Corvette.

Le brillanti prestazioni mostrate da Dan Gurney nelle corse statunitensi convincono Luigi Chinetti, importatore Ferrari negli USA, ad offrirgli un sedile per la 24 Ore di Le Mans 1958. L’avventura al volante della 250 TR del driver “yankee” termina dopo sette ore a causa di un incidente del compagno di team – il connazionale Bruce Kessler – ma la quinta posizione assoluta guadagnata prima del cambio pilota gli permette di farsi conoscere nell’ambiente.

La prima vittoria importante e la F1

La prima vittoria importante per Gurney arriva alla 12 Ore di Sebring 1959 con una Ferrari 250 TR59 guidata insieme ai connazionali Chuck Daigh e Phil Hill e al belga Olivier Gendebien.

Il debutto in F1 per Dan Gurney, sempre con la Ferrari, risale al 5 luglio 1959 al GP di Francia (ritiro per un problema al radiatore). Nel corso della stagione sale sul podio nel secondo GP disputato (2° in Germania) e arriva terzo in Portogallo risultando più lento del collega britannico Tony Brooks e di Hill, giocandosela alla pari con Gendebien e facendo meglio dell’inglese Cliff Allison.

Nel 1960 – anno in cui con le Sport conquista la 1.000 km del Nürburgring insieme al britannico Stirling Moss al volante di una Maserati Tipo 61 – passa alla BRM: riesce a tagliare una sola volta il traguardo (10° in Gran Bretagna) e offre prestazioni meno convincenti dei compagni di scuderia (l’inglese Graham Hill e lo svedese Joakim Bonnier).

L’era Porsche

Dan Gurney si trasferisce alla Porsche nel 1961: surclassa i due coéquipier (Bonnier e il tedesco Hans Herrmann) e conquista tre secondi posti (Francia, Italia e USA). L’anno seguente – impreziosito dal trionfo alla 3 Ore di Daytona con una Lotus 19 e dal debutto nella categoria NASCAR – fa ancora meglio: ancora più rapido di Bonnier, ottiene la prima vittoria in F1 in Francia.

L’era Brabham e Indianapolis

Nel 1963, dopo aver debuttato l’anno precedente alla 500 Miglia di Indianapolis al volante di un’agile monoposto Thompson dotata di un motore posteriore, convince la Lotus a partecipare alla celebre corsa statunitense con una vettura dotata della stessa configurazione tecnica. Colin Chapman ottiene il secondo posto con Clark (che avrebbe dovuto vincere, considerando la bandiera nera ricevuta in gara dal vincitore Parnelli Jones) mentre Dan si piazza in settima posizione.

Nello stesso anno Dan Gurney vince la 500 km di Bridgehampton tra le GT con una Shelby Cobra mentre in F1 corre con la Brabham: se la cava meglio del compagno australiano (nonché fondatore del team) Jack Brabham e sale sul podio in tre occasioni (due secondi posti in Olanda e Sudafrica).

Il 1964 è l’anno in cui Gurney conquista due GP (Francia e Messico) surclassando il coéquipier Jack ma la sua stagione migliore in F1, a nostro avviso, è quella del 1965: un’annata che coincide con l’assenza di vittorie ma con tanti piazzamenti (due secondi posti negli USA e in Messico e tre terzi posti) che gli permettono di terminare il Mondiale in quarta posizione risultando più rapido di Brabham, del neozelandese Denny Hulme e – nel GP d’Italia – del nostro Giancarlo Baghetti.

Mettersi in proprio

Dan Gurney fonda nel 1965 il team All American Racers e nel 1966 debutta in F1 con una monoposto da lui costruita: la Eagle. Nella prima stagione ottiene come migliori piazzamenti due quinti posti in Francia e in Messico ma si riscatta l’anno seguente con il trionfo in Belgio e con il terzo posto in Canada.

Le Mans

Sempre nel 1967 arriva la vittoria alla 24 Ore di Le Mans con la Ford GT40 (provvista di una “bolla” sul tetto per ospitare Dan, alto oltre 1,90 metri) insieme al connazionale A. J.

Foyt. Durante i festeggiamenti sul podio Gurney inizia a scuotere la bottiglia di champagne innaffiando tutti i presenti e inaugurando quella che diventerà una tradizione nel motorsport.

Il casco integrale

Alla 500 Miglia di Indianapolis del 1968 Dan Gurney (2° al traguardo) è il primo pilota della storia ad indossare un casco integrale: l’elmetto Star della Bell debutta in F1 sempre con il pilota statunitense in Germania. L’ultima stagione del driver “yankee” al volante della Eagle è intervallata da un GP d’Olanda disputato con la Brabham e si conclude nelle ultime tre gare dell’anno con la McLaren (con cui arriva quarto negli USA).

Gli ultimi anni da pilota

Nel 1969 – anno del matrimonio di Dan con Evi Butz, ragazza tedesca impiegata nell’ufficio stampa Porsche – arriva un altro secondo posto a Indianapolis. L’anno seguente conclude la sua avventura nel Circus con tre GP corsi con la McLaren (sesto nel GP di Francia e prestazioni peggiori di Hulme) e ottiene le ultime vittorie in Can-Am a Mosport e a St. Jovite. Dopo questi trionfi il ritiro.

Dopo le corse

Dan Gurney continua a far parlare di sé anche fuori dall’abitacolo. Nel 1971 inventa il Gurney Flap – un’appendice mobile (già brevettata nel 1931, a dire il vero) che incrementa moltissimo la deportanza usata anche sugli elicotteri – mentre quattro anni più tardi riesce finalmente a vincere la 500 Miglia di Indianapolis come proprietario del team All American Racers grazie al trionfo di Bobby Unser con la Eagle.

Nel 1979 contribuisce a creare il campionato CART (diventato Champ Car nel 2004 e terminato nel 2008) e negli anni ’90 grazie alla Eagle motorizzata Toyota porta a casa con il suo team la 12 Ore di Sebring del 1992 (con l’argentino Juan Manuel Fangio II e il britannico Andy Wallace) e la 24 Ore di Daytona del 1993 con un trio statunitense composto da Mark Dismore, P.J.

Jones e Rocky Moran.

L’ultima creazione di Dan Gurney è la moto Alligator del 2002: una due ruote dallo stile originale che unisce i vantaggi delle custom a quelli delle sportive.