Michele Alboreto, mito italiano

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Chi era Michele Alboreto, uno dei più grandi piloti italiani di sempre


Michele Alboreto non ha mai vinto un Mondiale di F1 ma è stato uno dei più grandi piloti italiani di sempre. Scopriamo insieme la storia del driver lombardo, vincitore – tra le altre cose – della 24 Ore di Le Mans e scomparso prematuramente nel 2001.

Michele Alboreto: la storia

Michele Alboreto nasce il 23 dicembre 1956 a Milano (Italia) e inizia a correre piuttosto tardi visto che il suo debutto nel motorsport – in Formula Monza – risale al 1976.

Nel 1978 sale di categoria (Formula Italia e F3) e inizia a farsi conoscere nell’ambiente l’anno successivo quando diventa vicecampione italiano F3 dietro a Piercarlo Ghinzani e davanti a Mauro Baldi.

Salto di qualità

Nello stesso anno Michele Alboreto si cimenta nel campionato europeo F3 e si aggiudica il prestigioso titolo continentale nel 1980 davanti al belga Thierry Boutsen e al nostro Corrado Fabi. In quell’anno ottiene anche un terzo posto nel campionato italiano F3 e viene chiamato dalla Lancia per correre il Mondiale Sportprototipi con la Beta Montecarlo.

Il debutto in F1

Alboreto debutta in F1 nel 1981 con la Tyrrell: zero punti, un nono posto in Olanda come miglior piazzamento e risultati complessivamente peggiori di quelli del compagno statunitense Eddie Cheever. Decisamente migliore la stagione endurance, culminata con la vittoria – in coppia con il nostro Riccardo Patrese – della 6 Ore di Watkins Glen.

Le prime soddisfazioni

Le prime soddisfazioni in F1 per Michele Alboreto arrivano nel Mondiale 1982: più rapido dello svedese Slim Borgudd e del britannico Brian Henton, ottiene i primi punti in carriera (Brasile, 4°), il primo podio (San Marino, 3°) e la prima vittoria (a Las Vegas).

Sono ben tre, invece, i successi ottenuti da Alboreto nel Mondiale Sportprototipi con la Lancia LC1: la 6 Ore di Silverstone con Patrese, la 1000 km del Nürburgring con Patrese e Teo Fabi e la 1000 km del Mugello con Ghinzani.

Nel 1983 Michele Alboreto – all’ultima stagione con la Tyrrell – risulta più rapido del compagno statunitense Danny Sullivan e regala al team inglese l’ultimo successo di sempre (a Detroit).

Gli anni in Ferrari

Alboreto passa alla Ferrari nel 1984 e si fa subito notare: più rapido del coéquipier francese René Arnoux, porta a casa una vittoria (Belgio) e quattro podi.

La migliore annata di sempre di Michele Alboreto – il 1985 – vede il pilota lombardo iniziare la stagione alla grande con due vittorie (Canada e Germania, le ultime in carriera) e otto podi nei primi 10 GP stagionali. Più rapido di Arnoux e dello svedese Stefan Johansson perde il Mondiale a causa di problemi di affidabilità nelle ultime gare.

La stella di Alboreto inizia a spegnersi negli ultimi tre anni in Ferrari: nel 1986 è più lento di Johansson (e ottiene un solo podio: 2° in Austria), nel 1987 è meno performante (tre podi e un secondo posto in Australia come miglior piazzamento) rispetto al nuovo compagno (l’austriaco Gerhard Berger) e nel 1988 si ripete con tre podi e una seconda piazza in Italia.

Tyrrell e Lola

Michele Alboreto torna alla Tyrrell nel 1989, disputa i primi sei GP del Mondiale facendo meglio del compagno britannico Jonathan Palmer e porta a casa addirittura un terzo posto in Messico (ultimo podio in carriera).

In seguito a screzi con il fondatore del team – Ken Tyrrell – Alboreto cambia scuderia e passa alla Lola con cui corre gli ultimi otto Gran Premi stagionali: zero punti e prestazioni peggiori di quelle del francese Philippe Alliot.

Arrows e Footwork

Il 1990 è l’anno in cui Michele Alboreto trova un sedile alla Arrows: meglio del tedesco Bernd Schneider ma più lento del nostro Alex Caffi. L’anno seguente la Arrows cambia nome in Footwork e Alboreto – penalizzato da numerose noie meccaniche – si ritrova ancora una volta dietro Caffi ma facendo meglio di Johansson.

Nel 1992 la situazione migliora: più rapido del nuovo compagno giapponese Aguri Suzuki, riesce a portare a casa due quinti posti in Spagna e a San Marino.

Lola e Minardi

Michele Alboreto passa alla Lola nel 1993 ma delude (il compagno Luca Badoer è più convincente) e il trasferimento alla Minardi l’anno successivo non migliora le cose: conquista un sesto posto a Monte Carlo (ultima gara a punti) ma complessivamente è più lento di Pierluigi Martini.

Dopo la F1

Alboreto, una volta lasciata la F1, passa alla categoria turismo nel 1995 con l’Alfa Romeo e al volante della 155 corre nel campionato ITC e nella serie tedesca DTM.

Le Mans e Sebring

Nel 1996 Michele Alboreto torna nel mondo dell’endurance e nel 1997 si aggiudica la 24 Ore di Le Mans – alla guida di una TWR Porsche – con un equipaggio composto da Johansson e dal danese Tom Kristensen.

Alboreto si trasferisce all’Audi nel 1998 e due anni più tardi arriva terzo a Le Mans insieme al tedesco Christian Abt e al nostro Dindo Capello. Il duo italiano si aggiudica – con il prototipo R8 – nel 2001 la 12 Ore di Sebring con il francese Laurent Aïello.

La morte

Michele Alboreto perde la vita il 25 aprile 2001 a Klettwitz (Germania) sul circuito del Lausitzring a causa della foratura di uno pneumatico durante il test dell’auto da corsa Audi R8. La stessa pista protagonista – meno di cinque mesi più tardi – dell’incidente di Alex Zanardi nel quale il pilota emiliano perderà le gambe.