Mini, la storia completa

Smartworld
di Marco Coletto

Dalla piccola citycar del 1959 alla ricca gamma di modelli disponibile ai giorni nostri.

Sono ben cinque i modelli presenti nella gamma Mini (il sesto, la Roadster, si aggiungerà a breve): oltre alla tradizionale tre porte (la cui ultima generazione è stata svelata nel 2007) troviamo la station wagon Clubman (2008), la Coupé (2011), la Cabrio (2009) e la SUV Countryman (2010, reduce da un terzo posto all’ultimo Rally di Germania).

Le ultime proposte della Casa inglese hanno una gamma motori da 1,4 a 2 litri realizzata in collaborazione con il gruppo PSA Peugeot/Citroën (fatta eccezione per la Cooper SD del 2011, dotata di un propulsore BMW) con al vertice la variante John Cooper Works nata nel 2009.

Un netto passo in avanti per il brand britannico, che prende il nome da una piccola citycar nata sul finire degli anni Cinquanta e destinata a rivoluzionare il mondo delle auto “baby”.

Prima generazione

La crisi del Canale di Suez nel 1956 porta ad un aumento dei prezzi dei carburanti. Il pubblico chiede vetture compatte e non troppo assetate e la risposta inglese arriva nel 1959 con la Mini, progettata da Alec Issigonis. Quattro posti comodi in poco più di tre metri di lunghezza e un motore anteriore (come la trazione) trasversale che consente di lasciare all’abitacolo e al bagagliaio l’80% della superficie complessiva del veicolo.

Motori da 0,9 a 1,3 litri e una gamma destinata a diventare sempre più ricca: nel 1960 arriva la Van (in commercio fino al 1982), nel 1961 la station wagon (denominata Traveller o Countryman, in vendita fino al 1969) e la sportiva Cooper, nel 1963 l’aggressiva Cooper S (che si aggiudica ben tre Rally di Monte Carlo1964, 1965 e 1967) mentre nel 1964 tocca alla Moke, creata inizialmente per l’esercito britannico ma troppo poco alta da terra per offrire buone prestazioni in fuoristrada.

Dal 1965 al 1975 la citycar inglese viene prodotta su licenza e venduta in Italia dalla Innocenti. Le Mini “nostrane” hanno una dotazione più ricca, hanno un prezzo più abbordabile e hanno un’affidabilità superiore di quelle di Oltremanica.

Seconda generazione

Nel 1967 la Mini si presenta sul mercato con la griglia ridisegnata, il lunotto posteriore più grande e altre modifiche stilistiche. La Clubman del 1969 non è la variante familiare bensì un facelifting, prodotto fino al 1980, caratterizzato da un frontale più moderno (ma anche meno aerodinamico), da una dotazione più ricca, da un prezzo maggiorato e da una sicurezza più elevata.

Terza generazione

Nel 1969 debuttano i vetri discendenti e le portiere più grandi ma le sospensioni sono meno raffinate.

Quarta generazione

La vettura rimane invariata mentre continuano a cambiare solo alcuni dettagli: nel 1976 viene rivista la strumentazione e debutta la calandra in plastica nera.

Quinta generazione

Nel 1984 è la volta di due importanti innovazioni tecniche: i freni a disco anteriori e le carreggiate più larghe.

Sesta generazione

Nel 1990 la scocca viene rinforzata, nel 1991 ritorna la Cooper dopo un’assenza ventennale dovuta al rifiuto di pagare i diritti sul nome alla società vincitrce di quattro Mondiali F1 (due Piloti e due Costruttori) nel 1959 e nel 1960 mentre nel 1993 tocca alla Cabriolet. Nel 1994 BMW acquista il marchio Rover e comincia a lavorare al progetto di un’erede della citycar britannica.

Settima generazione

L’ultima Mini “originale”, prodotta dal 1996 fino al 4 ottobre 2000, si distingue per la presenza dell’airbag guidatore, del motore ad iniezione elettronica e delle barre antiintrusione nelle portiere.

La MINI di BMW

L’erede spirituale della Mini nasce nel 2001: è disegnata da Frank Stephenson, monta motori da 1,4 a 1,6 litri e conquista tantissimi automobilisti alla ricerca di un’auto compatta, sportiva ed elegante. Nel 2005 è la volta della Cabrio mentre nel 2006 debutta l’edizione limitata GP: 2.000 esemplari biposto costruiti da Bertone con un propulsore da 222 CV.