BMW, la storia a quattro ruote della Casa bavarese

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85 anni di attività per la Casa automobilistica "premium" più amata nel mondo

La BMW è la Casa automobilistica “premium” più amata nel mondo (almeno stando ai dati delle immatricolazioni relativi all’anno 2013). In 85 anni di carriera con le quattro ruote il marchio tedesco (fondato ufficialmente nel 1916 ma impegnato nella produzione di vetture dal 1929) ha saputo unire sportività e prestigio realizzando prodotti di qualità e ottenendo numerose vittorie sportive. Scopriamo insieme la sua storia.

BMW: la storia a quattro ruote

La BMW inizia a produrre motori aeronautici e motociclette e decide di ampliare il proprio business con l’assemblaggio di automobili alla fine degli anni Venti. Nel 1928 la Casa bavarese acquista il brand Dixi e l’anno seguente inizia a commercializzare con il proprio marchio l’unico modello realizzato da questa azienda: una Austin 7 assemblata su licenza ribattezzata 3/15.

La vettura – dotata di un motore 750 a quattro cilindri in linea in grado di generare una potenza di 15 CV – è lunga solo tre metri e conquista numerosi clienti che cercano un mezzo dal prezzo non troppo elevato.

Gli anni Trenta

In seguito alla scadenza del contratto con la Austin nel 1932 la BMW lancia il suo primo modello “fatto in casa”: la 3/20 – disponibile anche scoperta – è più grande dell’antenata e monta un motore 800 a quattro cilindri derivato da quello della Seven. L’anno seguente debutta la più elegante 303, la prima sei cilindri del marchio tedesco nonché la prima a poter vantare la mascherina con il “doppio rene”.

Il 1936 è un anno importante per il brand teutonico: vedono infatti la luce la 326 (la prima dotata di porte posteriori) e, soprattutto, la sportiva 328, che tre anni più tardi conquista il rally RAC con il driver britannico Abiegeg Fane e nel 1940 si aggiudica la Mille Miglia con il pilota tedesco Huschke von Hanstein.

La Seconda Guerra Mondiale

Durante la Seconda Guerra Mondiale la BMW si ritrova obbligata dal governo nazista ad abbandonare la produzione di auto (nel 1940) e di moto (nel 1942) per concentrarsi sui motori aeronautici, costruiti sfruttando spesso come manodopera i prigionieri dei campi di concentramento.

Il dopoguerra

Al termine del conflitto lo stabilimento di Monaco viene requisito dagli Alleati mentre le tre fabbriche situate nella parte orientale della Germania finiscono nelle mani dei sovietici. Dal 1946 al 1951 dall’impianto di Eisenach (Germania Est) escono modelli marchiati BMW basati su vetture costruite prima della guerra, oltre questa data – in seguito ad una battaglia legale vinta dalla BMW di Monaco, nuovamente autorizzata dal governo statunitense a produrre automobili e unica depositaria del marchio originale – vengono ribattezzati EMW.

Gli anni Cinquanta

L’elegante berlina 501, svelata al Salone di Francoforte del 1951 e commercializzata dal 1952 – è la prima “vera” BMW del dopoguerra. Disponibile anche nelle varianti coupé e cabriolet, ha una gamma motori composta da due unità a sei cilindri (2.0 e 2.1) e da un 2.6 V8.

Nella seconda metà del decennio debuttano due modelli molto diversi: nel 1955 tocca alla piccolissima Isetta (antesignana della Smart e variante rivista nella meccanica, ma non nel design, della citycar creata dalla Casa lombarda Iso) mentre l’anno successivo tocca alla spider 507, considerata ancora oggi una delle vetture tedesche più belle della storia.

Tempi di crisi

Alla fine degli anni Cinquanta la BMW è in crisi profonda (l’unico modello di successo, la Isetta, non genera profitti) e si pensa addirittura alla fusione dell’azienda con la Mercedes. La situazione cambia, in meglio, quando la famiglia Quandt (ancora oggi proprietaria della Casa bavarese) prende possesso della società, non senza rischi.

Aria di ripresa

Nel giro di pochi anni il brand tedesco si riprende: nel 1961 vede la luce la 1500, nel 1963 vengono pagati (per la prima volta dal secondo dopoguerra) i dividendi agli azionisti e nel 1966 acquista il marchio Glas. Questa operazione finanziaria consente alla BMW di avere accesso ai brevetti di questa casa automobilistica e, soprattutto, allo stabilimento di Dingolfing (attualmente il più grande tra tutti quelli del colosso bavarese).

Gli anni Settanta

Impossibile parlare degli anni Settanta in BMW senza nominare Eberhard von Kuenheim: quest’uomo, nominato amministratore delegato nel 1970, trasforma in breve tempo la Casa tedesca in un’azienda globale e sotto la sua direzione nascono modelli destinati ad ottenere un grandissimo successo: la serie 5 (1972), la serie 3 (1975), la serie 6 (1976) e la serie 7 (1977).

Nella seconda metà del decennio arriva la prima vittoria sportiva rilevante: nel 1976 una 3.0 CSL guidata dai britannici John Fitzpatrick e Brian Redman e dallo statunitense Peter Gregg conquista la 24 Ore di Daytona.

Gli anni Ottanta e Novanta

Negli anni Ottanta la BMW rafforza il proprio DNA sportivo attraverso il lancio di modelli focalizzati sul piacere di guida e porta a casa parecchi successi. Nel 1983 il pilota brasiliano Nelson Piquet diventa Campione del Mondo di F1 con una Brabham dotata di un propulsore bavarese mentre due anni più tardi nascono due vetture destinate alla grandezza: la M3 e la M5.

La versione più cattiva della serie 3 conquista immediatamente gli automobilisti alla ricerca di un mezzo sportivo utilizzabile tutti i giorni e domina nel motorsport, specialmente tra le vetture Turismo: nel 1987 il nostro Roberto Ravaglia si aggiudica il campionato del mondo, il belga Eric van de Poele conquista il titolo tedesco DTM e il francese Bernard Béguin trionfa nei rally salendo sul gradino più alto del podio al Tour de Corse.

Degno di nota anche il campionato DTM portato a casa da Ravaglia nel 1989.

Nei primi anni del decennio successivo arrivano due titoli britannici per la BMW, sempre nella categoria Turismo BTCC (1991 e 1993). La più grande soddisfazione “racing” di questo periodo risale però al 1999 con il trionfo alla 24 Ore di Le Mans della V12 LMR (realizzata in collaborazione con la Williams) guidata dal francese Yannick Dalmas, dal nostro Pierluigi Martini e dal tedesco Joachim Winkelhock.

Per quanto riguarda la produzione di serie della Casa tedesca negli anni Novanta segnaliamo l’acquisto del gruppo Rover nel 1994 (ceduto nel 2000 – conservando solamente il redditizio brand Mini – dopo sei anni poveri di soddisfazioni) e il lancio di tre modelli particolarmente rilevanti: le spider Z3 (1996) e Z8 (1999) e, sempre nel 1999, la X5.

Il presente

L’inizio del terzo millennio per la BMW coincide con il debutto dei primi modelli disegnati da Chris Bangle: lo stile del designer americano contribuisce a svecchiare il marchio e ad incrementare le immatricolazioni ma non tutti apprezzano le forme di alcune vetture. Una su tutte l’ammiraglia serie 7 E65 del 2001.

Nel 2002 il marchio Rolls-Royce entra a fare parte della famiglia mentre nella seconda metà del decennio la dirigenza decide di tornare nuovamente nel mondo del motorsport. Dal 2006 al 2010 la Casa bavarese gareggia in F1 come costruttore con il nome BMW Sauber (in seguito all’acquisizione della scuderia elvetica) e tra il 2005 e il 2007 arrivano ben sei Mondiali Turismo WTCC (tre Piloti e tre Marche) con una 320 guidata dal britannico Andy Priaulx.

Gli ultimi anni sono caratterizzati da pochi trionfi sportivi (il canadese Bruno Spengler vincitore del campionato turismo tedesco DTM nel 2012 con una M3) e da tanta ricerca ingegneristica: nel 2013 debutta la piccola elettrica i3 mentre l’anno successivo è la volta della supercar ibrida plug-in i8.