Dalla GS alla DS4, la storia delle compatte Citroën

Smartworld
di Marco Coletto

Originali nel design, innovative nei contenuti e... vincenti nelle corse

Da oltre 40 anni le compatte Citroën riescono a distinguersi dalla massa: sia per l’originalità del design sia per altri fattori altrettanto importanti come l’innovazione tecnologica e i successi sportivi.

Scopriamo insieme la storia delle “segmento C” del Double Chevron.

I modelli attuali

C4 seconda generazione (2010)

La seconda generazione della C4 (quella attualmente in listino) debutta al Salone di Parigi 2010 e si distingue dall’antenata per uno stile più sobrio. Disponibile esclusivamente a cinque porte (la variante a tre porte non viene realizzata per evitare che possa rubare clienti alla DS3), ha una gamma motori che comprende tre unità a benzina (1.4 da 95 CV, 1.6 da 120 e 156 CV), un 1.6 a GPL da 120 CV e tre turbodiesel HDi (1.6 da 92 e 112 CV e 2.0 da 150 CV).

C4 Aircross (2012)

La C4 Aircross, lanciata nel 2012, non ha niente in comune con il modello da cui prende il nome: l’ultima nata della Casa del Double Chevron, infatti, non è altro che una SUV Mitsubishi ASX riveduta e corretta con una linea più ricercata e finiutre più curate. Disponibile a trazione anteriore o integrale, monta tre motori: un 1.6 a benzina da 115 CV e due turbodiesel HDi (1.6 da 114 CV e 1.8 da 150 CV).

DS4 (2011)

La DS4, variante più chic della C4, debutta nel 2011 ma il suo design è anticipato dalla concept ibrida diesel a tre porte DS High Rider mostrata al Salone di Ginevra 2010. Lo stile unisce elementi tipici delle compatte ad un frontale aggressivo e ad un’altezza da terra degna di una fuoristrada. Cinque porte (quelle posteriori piccole e con la maniglia nascosta nei montanti) e cinque motori: tre a benzina (1.6 da 120, 163 e 200 CV) e due turbodiesel (1.6 da 111 CV e 2.0 da 163 CV).

La storia

GS (1970)

Negli anni ’60 la gamma Citroën è composta da piccole e da berline e per questa ragione i vertici del Double Chevron decidono di creare un mezzo che si posizioni a metà strada tra la Ami 6 (realizzata sul pianale della 2CV) e la ID. Flaminio Bertoni si occupa del primo progetto, che viene bocciato per via degli elevati costi di produzione.

Si passa quindi ad un secondo studio gestito da Robert Opron (in seguito alla morte di Bertoni), non approvato per via delle troppe somiglianze con la Renault 16.

Durante il progetto definitivo si opta per una linea aerodinamica (ispirata ai prototipi realizzati da Pininfarina per la BMC nel 1967) per ridurre i consumi elevati del motore. Manca il portellone, poco amato dall’allora presidente Citroën Pierre Bercot. Gli interni originali sono contraddistinti dal volante monorazza, dal freno a mano nella plancia, dal contagiri a forma di boomerang e dal tachimetro a tamburo (composto da una rotella che gira all’interno di una finestra).

Tanta tecnologia a bordo: sospensioni idropneumatiche, motore boxer 1.0 da 56 CV (poco vivace ai bassi regimi) raffreddato ad aria e quattro freni a disco. Soluzioni che consentono alla compatta transalpina di aggiudicarsi nel 1971 il titolo di Auto dell’anno.

Al Salone di Ginevra del 1971 viene presentata la variante Convertisseur dotata di un cambio semiautomatico e la dotazione di serie dell’intera gamma si arricchisce con l’arrivo dell’impianto di riscaldamento. Nello stesso anno vengono lanciate la station wagon e la variante commerciale Service.

Nel 1972, in concomitanza con il lancio del nuovo motore 1.2 da 60 CV, il cruscotto riceve qualche modifica (imbottiture più spesse) mentre al Salone di Francoforte del 1973 viene presentata la Birotor. Questa versione, dotata di un propulsore Wankel 2.0 da 107 CV, non conquista il pubblico a causa della scarsa affidabilità e, soprattutto, dei consumi elevati.

Nel 1974 tocca alle versione base GSpécial e all’allestimento lussuoso Pallas. Debuttano inoltre le sportiveggianti X (1.0) e X2 (1.2 da 65 CV). Nel 1975 le nuove normative anti-inquinamento portano leggeri cali di potenza (nell’ordine di un cavallo): spariscono la Service e la GSpécial 1.2 e l’elenco degli optional si arricchisce con l’arrivo del tetto apribile.

Il restyling del 1976 coinvolge la mascherina e i gruppi ottici posteriori e vede il debutto di una nuova fascia cromata sulla coda.

Negli interni, completamente rivisti, segnaliamo la plancia ridisegnata e la sparizione del tachimetro a tamburo. Torna in listino la variante furgone, ribattezzata Entreprise.

Nel 1977 la gamma viene rinnovata: il propulsore 1.0 lascia spazio ad un 1.1 da 56 CV e le X e X2 guadagnano i paraurti neri, lo spoiler posteriore in gomma e i fendinebbia. Sugli allestimenti Club e Pallas arriva il divanetto ribaltabile. Il 1978 è l’anno dell’edizione limitata Basalte: vernice nera con strisce rosse sulle fiancate, motore 1.2 e dotazione di serie particolarmente ricca. La X2 viene rimpiazzata dalla X3, dotata di un nuovo motore 1.3 da 65 CV.

GSA (1979)

Non è altro che un restyling della GS caratterizzato dalla presenza del portellone, dei paraurti in plastica, dalle sospensioni ritarate, dei profili laterali in gomma, di una nuova mascherina e di inediti gruppi ottici posteriori. Il motore è uno solo – 1.3 da 65 CV – anche se la GSpécial resta con il 1.1.

Nel 1980 sparisce dal listino la GSpécial, sostituita dalla GSA Spécial, mentre nel 1981 è la volta della nuova versione base, che permette alla Spécial di montare il propulsore 1.3 (rivisto per ridurre i consumi).

Nel 1982 la X1 rimpiazza la Club (che resta in listino solo nella variante station wagon Break) e nel 1983 abbandona le scene la 1.1.

La gamma si impoverisce gradualmente e nel 1985 rimangono sul mercato solo le berline e le Entreprise negli allestimenti Spécial e Pallas.

ZX (1991)

Realizzata in collaborazione con Bertone, ha un design poco originale e il pianale con molti elementi in comune con quello della Peugeot 305. La vettura non convince i fan per via dell’assenza delle sospensioni idropneumatiche ma in compenso c’è il retrotreno autodirezionale, che aumenta la maneggevolezza nelle curve.

Disponibile inizialmente solo in configurazione a cinque porte, ha una gamma motori al lancio che comprende quattro unità a benzina (1.1 da 60 CV, 1.4 da 75 CV, 1.6 da 90 CV e 1.9 da 130 CV).

La compatta del Double Chevron non seduce il il pubblico mentre ottiene parecchie vittorie in campo sportivo: quattro Dakar conquistate (1991, 1994, 1995, 1996).

Nel 1992 arriva il catalizzatore e la potenza del 1.9 scende fino a 120 CV. Arrivano inoltre il 1.8 da 101 CV e il 2.0 da 121 e 152 CV, abbinati alla nuova variante a tre porte.

Nel 1993 le tre porte compaiono anche sui modelli più economici e debuttano le prime versioni diesel: 1.9 da 64 CV e sovralimentato da 92 CV. Nel 1994 tocca alla station wagon Break.

Il restyling del 1995 coinvolge in modo particolare la mascherina (più personale) mentre nel 1996 il 1.8 sale fino a quota 120 CV e il 2.0 da 167 CV rimpiazza l’unità da 152 CV.

Xsara (1997)

L’erede della ZX viene presentata al Salone di Francoforte, ha una linea più intrigante (ma non troppo) dell’antenata (con cui condivide il pianale) e una carrozzeria a due volumi e mezzo. La gamma motori al lancio è molto ricca e comprende quattro unità a benzina (1.4 da 75 CV, 1.6 da 90 CV e 1.8 da 100 e 112 CV) e un 1.9 a gasolio da 71 CV (92 CV sovralimentato).

Nel 1998 arrivano la station wagon Break e la Coupé a tre porte. Nello stesso anno debutta il motore di punta 2.0 da 167 CV abbinato alla versione VTS mentre nel 1999 vengono lanciate nuove unità turbodiesel.

Il restyling del 2000 consiste in gruppi ottici anteriori più grandi, in una calandra ridisegnata e in uno stemma più voluminoso. La gamma motori vede l’ingresso del 1.6 da 110 CV (che sostituisce il 1.6 da 90 CV e il 1.8 da 112 CV), del 2.0 da 136 CV (in Italia solo sulla Break) e del 2.0 turbodiesel HDi da 90 CV.

Nel 2001 arriva il 2.0 HDI da 109 CV mentre nel 2002 l’allestimento VTS viene abbinato anche alle Coupé 1.6 e 2.0 HDi. Nel 2003 è la volta del 1.4 HDi da 69 CV.

La versione da gara della Xsara si fa valere nei rally: conquista tre Mondiali Piloti con Sébastien Loeb (2004, 2005, 2006) e tre titoli Costruttori (2003, 2004, 2005).

C4 prima generazione (2004)

Anticipata dalla concept C4 Sport svelata al Salone di Ginevra, che prefigura le forme della variante a tre porte, viene presentata al Salone di Parigi in due versioni: Coupé (spigolosa con un originale lunotto verticale) e cinque porte (tondeggiante).

Realizzata sul pianale della Peugeot 307, ha degli interni originali con la strumentazione digitale e il volante con mozzo fisso (ruota solo la corona). Sei motori al lancio: tre a benzina (1.4 da 88 CV, 1.6 da 109 CV e 2.0 da 177 CV, solo per la Coupé) e tre turbodiesel HDi (1.6 da 90 e 109 CV, 2.0 da 136 CV).

Nel 2006 arriva il cambio robotizzato a sei rapporti CMP-6 mentre nel 2008 è la volta del restyling, caratterizzato dal frontale con una presa d’aria più ampia e dal debutto del 1.6 THP da 150 CV e del cambio robotizzato sul 1.6 HDi.

La gamma dei propulsori comprende tre unità a benzina (1.4 da 73 CV, 1.6 da 120 e 150 CV) e tre turbodiesel HDi (1.6 da 90 e 109 CV e 2.0 da 140 CV).

Anche la C4 domina nei rally: 4 Mondiali Piloti con Sébastien Loeb (dal 2007 al 2010) e tre titoli Costruttori dal 2008 al 2010.