Dalla XK120 alla XK, la storia delle sportive Jaguar

Smartworld
di Marco Coletto

Quando l'eleganza incontra le prestazioni

Solo le sportive Jaguar sanno offrire in egual misura eleganza e prestazioni. La seconda generazione della XK attualmente in listino (denominata X150) è stata svelata al Salone di Francoforte 2005 mentre la scoperta Convertibile, con una capote in tela che si apre e si chiude in 18 secondi, a Detroit 2006.

Ha un frontale ispirato alla mitica E-Type, un telaio in alluminio che contribuisce a contenere il peso e il cofano che in caso di scontro con un pedone si alza per limitargli i danni. Al Salone di Ginevra 2008 viene svelata l’aggressiva XKR-S (200 esemplari) mentre nel 2009 tocca al restyling, che coinvolge i paraurti, i gruppi ottici e gli interni (nuovo cambio a rotella).

Il 2011 è l’anno di debutto della XKR-S da 550 CV e del secondo restyling (paraurti e fari). La gamma motori comprende un 5.0 V8 da 385, 510 e 550 CV. Scopriamo insieme la storia delle sue antenate.

XK120 (1948)

La spider britannica (denominata OTS), presentata al Salone di Londra, è la vettura di serie più veloce dell’epoca: raggiunge le 120 miglia orarie (ecco spiegato il nome di battesimo), equivalenti a 193 km/h.

Monta un motore 3.4 a sei cilindri in linea da 160 CV e presenta diverse componenti in alluminio come le portiere, il cofano anteriore e quello posteriore. Niente maniglie esterne: per aprire la vettura bisogna spostare una linguetta posizionata vicino ai finestrini.

Nel 1951 arriva la coupé FHC mentre nel 1952 tocca alla cabriolet DHC, dotata di una capote in tela più spessa di quella offerta dalla OTS.

XK140 (1954)

Un’evoluzione della XK120, che si distingue dall’antenata per i freni migliorati, per lo sterzo a cremagliera, per le sospensioni più rigide e per l’abitacolo più spazioso, che consente di installare un sedile posteriore. Esteticamente le differenze riguardano invece i paraurti più spessi e il design degli indicatori di direzione.

Tre versioni disponibili – OTS, DHC (con parabrezza fisso anziché removibile come sulla OTS) e FHC – e motore potenziato a 190 CV (ma disponibile anche nella configurazione da 210 CV).

XK150 (1957)

Inizialmente è disponibile solo nella variante chiusa FHC e in quella DHC mentre bisogna aspettare il 1958 prima di vedere in commercio la roadster OTS. Monta un motore 3.4 da 193 o 210 CV e si differenzia dalla XK140 per il parabrezza panoramico, il cofano allargato e le portiere meno spesse per aumentare lo spazio nell’abitacolo.

Nel 1958 debutta la variante S da 253 CV mentre nel 1960 la cilindrata del propulsore sale a 3,8 litri mentre la potenza aumenta fino a 223 CV (269 per la S).

E-TYPE (1961)

Non è solo l’auto di Diabolik ma anche uno dei modelli simbolo degli anni Sessanta. La prima generazione – la Series 1 – anticipata da due prototipi (la E1A del 1957 e la E2A del 1960) viene lanciata nella versione coupé a due posti a Ginevra mentre la Convertibile debutta al Salone di New York dello stesso anno.

Molte le differenze rispetto alla XK150, nel design (caratterizzato da un cofano chilometrico) e nella tecnica: il telaio a longheroni è rimpiazzato da un monoscocca mentre le sospensioni posteriori a ruote indipendenti sostituiscono la soluzione a ponte rigido.

Il motore è un 3.8 da 265 CV.

Nel 1962 viene creata la Low Drag Coupé, un esemplare unico contraddistinto dalla carrozzeria in alluminio coperta ispirata al mondo delle corse e da miglioramenti al propulsore mentre un’altra versione speciale degna di nota è la Lightweight E-Type, realizzata in una decina di esemplari. Nata come scoperta, ha un propulsore 3.8 ad iniezione da 300 CV.

Nel 1965 il motore 3.8 viene rimpiazzato da un 4.2, il cambio guadagna la sincronizzazione e i sedili diventano più confortevoli. Nel 1966 è la volta della coupé 2+2 e nel 1967 tocca alla Series 1 1/2 priva di protezione in vetro per i fanali.

La Series 2 del 1969 ha un impianto frenante più potente, paraurti più grandi e indicatori di direzione maggiorati e la Series 3 del 1971 si differenzia per i freni ancora più incisivi, per il servosterzo di serie e per i quattro scarichi posteriori. Senza dimenticare il motore 5.3 V12 e la sparizione della variante coupé a due posti secchi.

XJ-S (1975)

Realizzata sulla base dell’ammiraglia XJ, monta un motore 5.3 V12. Il pubblico non l’apprezza e non la considera come erede della E-Type. La concept XJSpider di Pininfarina del 1978 ha un design più seducente e maggiormente simile a quello dell’antenata ma non entra in produzione.

Nel 1981 arriva un nuovo propulsore HE (High Efficiency) da 299 CV più parco mentre nel 1983 debutta un propulsore 3.6. Nel 1985 è la volta della versione “targa” XJ-SC, che nel 1988 viene rimpiazzata dalla Convertibile. La XJR-S del 1988 è più sportiva nella carrozzeria, nei cerchi e nelle sospensioni e dal 1989 monta un 6.0 da 333 CV.

La vettura cambia nome in XJS (e beneficia di diverse modifiche) nel 1991 e l’anno seguente viene svelata la XJS Convertibile. Nel 1996 sparisce il 5.2 (rimpiazzato da un 6.0) ed entra in listino la Convertibile 2+2.

XK X100 (1996)

Viene presentata al Salone di Ginevra, ha un pianale derivato dall’ammiraglia XJ X300 (ma con un passo più corto) e monta un motore 4.0 V8 da 284 CV interamente in alluminio.

Nel 1997 arriva la versione Convertibile mentre nel 1998 tocca alla XKR sovralimentata da 364 CV. Nel 2002 il propulsore diventa 4.2 e la potenza sale a 294 CV (397 CV per la R) e nel 2004 debutta un leggero restyling che coinvolge la mascherina anteriore (più grande) e i teminali di scarico.