Gianni Agnelli e le automobili

Smartworld
di Marco Coletto

Storia a quattro ruote dell'Avvocato, scomparso dieci anni fa

Presidente della Juventus, proprietario del quotidiano La Stampa, leader di Confindustria, senatore a vita: Gianni Agnelli – scomparso dieci anni fa – è stato uno dei personaggi più poliedrici del nostro Paese. Oggi analizzeremo la sua storia concentrandoci però sul mondo delle automobili, la sua attività principale.

Gianni Agnelli: la biografia

Gianni Agnelli nasce il 12 marzo 1921 a Torino. Figlio di Edoardo Agnelli (presidente della Juventus dal 1923 al 1935) e nipote di Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, perde il padre – vittima di un incidente aereo – all’età di 14 anni.

Ottiene una laurea in giurisprudenza e dopo la Seconda Guerra Mondiale inizia ad essere coinvolto nelle attività di famiglia, diventando presidente della RIV, fabbrica di cuscinetti a sfera. I primi anni post-bellici – passati tra party esclusivi e stadi di calcio (nel 1947 viene nominato presidente della Juventus) – trascorrono senza particolari impegni gravosi. Risale al 1953 il matrimonio con Marella Caracciolo di Castagneto e al 1959 l’ingresso nell’IFI (Istituto Finanziario Industriale, società che racchiude tutte le partecipazioni della famiglia Agnelli) in qualità di presidente.

L’avventura alla Fiat

Gianni Agnelli inizia ad assumere un ruolo importante nella Fiat nel 1963, quando viene nominato amministratore delegato insieme a Gaudenzio Bono, uomo di fiducia dell’allora presidente della Casa torinese Vittorio Valletta.

Diventa presidente del colosso automobilistico piemontese nel 1966, conclude l’accordo con l’Unione Sovietica per la costruzione di uno stabilimento a Togliatti ma non riesce ad impedire all’Alfa Romeo (all’epoca di proprietà dello Stato) di dare il via alla produzione dell’Alfasud (rivale diretta della 128) a Pomigliano d’Arco.

Con l’arrivo di Gianni Agnelli al timone della Fiat si assiste ad un “autocentrismo”: numerose attività correlate (motori marini, aerei militari) vengono infatti cedute. Nel 1968 viene stilato un accordo con François Michelin per l’acquisto della Citroën ma tutto salta a causa dell’opposizione dei politici transalpini.

Il Gruppo Fiat si espande

Nel 1969 la Ferrari entra a far parte del Gruppo Fiat (il controllo del reparto corse resta però saldamente delle mani di Enzo), così come nel 1970 la Lancia, marchio in crisi appartenuto in precedenza alla famiglia Pesenti.

Negli anni Settanta – molto duri dal punto di vista dei rapporti con i lavoratori italiani e i sindacati – l’espansione procede verso est: vengono rafforzati gli accordi con gli jugoslavi della Zastava per la produzione della 128, con i turchi della Tofaş (azienda creata due anni prima in collaborazione con il gruppo locale Koç) per la 124 e con i polacchi per l’assemblaggio negli stabilimenti FSM di Tychy della 126.

Risale al 1976 – invece – la creazione della filiale brasiliana Fiat Automóveis, nata per produrre nello stabilimento di Belo Horizonte la 147, derivata della 127.

Gheddafi

Il mercato automobilistico di fine anni Settanta è in crisi e per questo motivo la Fiat non è messa molto bene dal punto di vista finanziario. La situazione cambia nel 1976 quando il 9% delle azioni della Casa torinese passano alla Lafico, banca del governo libico di Mu’ammar Gheddafi che arriverà a possedere negli anni successivi anche il 16% del capitale.

Il rapporto con i libici termina nel 1986, quando in seguito al lancio di due missili lanciati vicino alle coste dell’isola di Lampedusa, l’IFIL (altra società d’investimento controllata dalla famiglia Agnelli) riacquista le quote azionarie del colonnello.

Gli anni Ottanta

Grazie alla presenza del nuovo direttore generale della Fiat Vittorio Ghidella e a nuovi modelli che conquistano il pubblico europeo come la Uno, la Croma e la Lancia Thema le immatricolazioni del colosso piemontese tornano ad aumentare.

Nel 1985 si tenta un accordo con la Ford, successivamente saltato, mentre l’anno seguente Gianni Agnelli riesce ad acquistare dallo Stato Italiano (e più precisamente dall’IRI, ente pubblico che aveva il controllo delle principali imprese nazionali) l’Alfa Romeo, strappandola proprio alla Ford.

Gli ultimi anni

Negli anni Novanta la Fiat non riesce a fare breccia nei mercati automobilistici extra-europei e per questo motivo Gianni Agnelli decide di dare vita ad un’alleanza con General Motors. L’accordo prevede che gli americani cedano il 5% delle loro azioni in cambio del 20% del pacchetto del Gruppo piemontese.

Gli “yankee” sono inoltre obbligati – dopo due anni ed entro gli otto successivi – ad acquistare il restante 80% di Fiat Auto, nel caso in cui i torinesi decidano di cedere tutto.

Gianni Agnelli muore il 24 gennaio 2003 (due anni prima della rottura del patto).