La Shuanghuan Ceo – commercializzata dal 2007 al 2011 – è un esempio di come non andrebbero costruite e vendute le auto. Di seguito troverete una guida all’acquisto – anche se sarebbe meglio chiamarla “dissuasione all’acquisto” – di un esemplare del 2010 dotato di cambio automatico, analizzato nel dettaglio lo scorso anno.
È una storia travagliata quella della Ceo, SUV clone della prima BMW X5 realizzata da un’azienda cinese – la Shuanghuan – e portata nel nostro Paese da un importatore lombardo: Martin Motors. Due società fortunatamente scomparse dalle scene, un binomio che ci ha “deliziato” in passato con un’altra copia (in questo caso della Smart fortwo): la Bubble.
Chi ha comprato la Shuanghuan Ceo lo ha fatto per avere una Sport Utility a trazione integrale grande, spaziosa e appariscente a un prezzo relativamente contenuto (per la variante automatica ci volevano comunque più di 30.000 euro, non pochi) e per risparmiare dal benzinaio (motore a GPL). Oggi è introvabile – qualche modello dotato di cambio manuale si trova ancora ma è meglio non perdere troppo tempo a cercarlo – e le sue quotazioni si aggirano intorno ai 6.000 euro.
I pregi? Due. L’abitabilità e la posizione di seduta rialzata che consente di dominare il traffico. Elementi che però si possono trovare su qualsiasi altra crossover.
I difetti? Tanti: le finiture poco curate, la rumorosità, il motore di origine Mitsubishi inadeguato a muovere una vettura così pesante (un 2.4 aspirato benzina/GPL da 125 CV), il cambio automatico a 4 rapporti lento e obsoleto, lo sterzo esageratamente leggero e la sicurezza precaria (due airbag frontali uniti a freni poco potenti). Senza dimenticare i consumi altissimi – 8,7 km/l dichiarati – e l’impossibilità di trovare un centro assistenza in caso di guasti.
La BMW riuscì a impedire la vendita della Shuanghuan Ceo in Germania in quanto troppo somigliante alla X5.
Purtroppo i bavaresi non furono capaci di fare la stessa cosa da noi.