Paolo Stanzani: il mago della tecnica

Paolo Stanzani
Smartworld
di Marco Coletto

Storia dell'ingegnere bolognese, padre della Lamborghini Countach e della Bugatti EB110

Il nome di Paolo Stanzani non è molto conosciuto, nemmeno dagli appassionati di automobili. Eppure senza questo ingegnere bolognese – che può essere considerato il padre della Lamborghini Countach e della Bugatti EB110 – la Casa del Toro non sarebbe la stessa. Scopriamo insieme la sua storia.

Paolo Stanzani: la biografia

Paolo Stanzani nasce a Bologna nel 1936. La passione per i motori inizia molto presto: all’età di cinque anni prende un autocarro del corriere espresso per cui lavora il padre, lo accende, lo muove e cerca invano di farlo sterzare.

Nell’adolescenza si dedica alle invenzioni: all’inizio degli anni ’50 crea un sistema di cavi per rendere girevoli i fari delle automobili (soluzione introdotta nel 1967 dalla seconda generazione della Citroën DS) e a soli 17 anni brevetta un bollitore per il latte che evita la fuoriuscita dello stesso, lo vende ad un’azienda e con il ricavato si compra una moto.

Nel 1962 si laurea in Ingegneria Meccanica a Bologna e viene chiamato a far parte del nucleo fondativo della Lamborghini Automobili. Sono solo due gli ingegneri in azienda: l’altro è un certo Gian Paolo Dallara.

Dopo aver lavorato sui motori della 350 GT (la prima vettura di serie di Sant’Agata, dotata di un 3.5 V12 da 320 CV) e della 400 GT (3.9 V12 da 320 CV, sviluppati ad un regime più basso) fa parte del trio – composto da Dallara per il telaio e da Marcello Gandini per il design – che realizza nel 1966 la mitica Miura.

La genesi della Miura

Ferruccio Lamborghini non ama le auto da corsa e impone ai suoi ingegneri di non realizzarne mai una: Paolo Stanzani e Dallara decidono quindi di creare una supercar stradale ispirata alle vetture da gara, più precisamente alla Ford GT40 vincitrice della 24 Ore di Le Mans 1966 e scesa in pista per la prima volta due anni prima.

Il motore 3.9 V12 da 354 CV viene montato trasversalmente per non alliungare troppo il passo mentre il telaio monoscocca progettato da Dallara potrebbe tranquillamente essere usato nel mondo del motorsport.

La vettura ottiene un grandissimo successo da parte del pubblico – poco più di 750 esemplari venduti in 6 anni – ma non basta a raddrizzare le sorti della Lamborghini.

La crisi Lamborghini

Intorno alla metà degli anni Sessanta la dirigenza del reparto automobili della Lamborghini è composta da persone che si occupano anche delle altre attività dell’azienda (trattori e caldaie) e non vogliono che le supercar facciano perdere soldi agli altri rami della società.

Per risolvere il problema Ferruccio rende indipendente la sezione dedicata alle vetture e affida il ruolo di direttore generale a Paolo Stanzani. Il compito del tecnico bolognese non è facile: deve risolvere i problemi con le carrozzerie dopo la chiusura della Touring, affrontare l’addio di Dallara e gestire la progettazione in base alle nuove normative USA in materia di inquinamento e sicurezza.

Dopo il lancio della Espada nel 1968 – una via di mezzo tra la supersportiva Miura e la GT Islero basata sul pianale allungato della 400 GT e capace di offrire tanto spazio ai passeggeri posteriori – si inizia a pensare ad un’erede della Miura.

La Countach

La Lamborghini Countach è il primo progetto realizzato da Paolo Stanzani senza l’aiuto di Gian Paolo Dallara. Nasce nel 1974 e il suo design – opera di Gandini – deriva dalla concept LP500 mostrata al Salone di Ginevra del 1971.

Monta il motore della Miura – 3.9 V12 da 390 CV – ma stavolta è montato longitudinalmente con il cambio posizionato davanti in modo da limitare la lunghezza della vettura, concentrare il peso al centro del passo ed eventualmente inserire la trazione integrale (non verrà mai realizzata).

Stanzani (il cui motto è “Fare oggi quello che gli altri faranno domani”) lavora a stretto contatto con Gandini per realizzare un’auto dal design stupefacente: per non rovinare le forme pensate dallo stilista torinese Paolo decide di togliere i carburatori verticali visti sulla Miura.

La fase di progettazione della Countach coincide con un periodo poco felice per la Lamborghini: l’uscita di scena di Ferruccio nel 1972 e l’arrivo dell’imprenditore svizzero Georges-Henri Rossetti porta qualche sconquasso nell’azienda e spinge Stanzani a decidere di costruire la nuova supercar del Toro interamente in casa.

Ecco spiegati i tre anni di attesa (tanti) tra il primo prototipo e il modello di serie.

Addio alla Lamborghini

Paolo Stanzani non riesce a lavorare senza Ferruccio e si ritrova privo di finanziamenti in quanto il nuovo boss Rossetti non ha soldi da investire nell’azienda. Progetta nuovi motori da 7 e 8 litri che avrebbero dovuto rappresentare il futuro della Countach ma verranno utilizzati nelle competizioni di off-shore visto che negli anni seguenti i propulsori punteranno sulla tecnologia plurivalvole e sull’iniezione.

Nel 1974 Paolo abbandona la Casa di Sant’Agata dopo la sua richiesta (non accolta) di realizzare un modello di serie basato sulla concept Bravo mostrata al Salone di Torino dello stesso anno. Sarebbe stata una Countach più accessibile.

Gli anni Settanta

All’inizio degli anni Settanta, mentre è ancora in Lamborghini, Paolo Stanzani progetta la concept BMW Turbo, disegnata da Paul Bracq (le forme verranno riprese sei anni più tardi dalla supercar M1) e nata per celebrare le Olimpiadi di Monaco nel 1972. La scocca è presa in prestito dalla Urraco mentre il motore è un 2.0 a quattro cilindri derivato da quello della 2002tii.

Stufo del mondo delle automobili – ma ancora più stanco di creare “giocattoli per gente ricca e viziata” – Paolo rifiuta di dirigere lo stabilimento Alfa Sud di Pomigliano d’Arco e nel 1975 lavora al progetto della diga di Ridracoli, vicino a Forlì.

Nel 1979 si mette in proprio e crea un piccolo ufficio tecnico chiamato Tecnostile: realizza diversi progetti (trattori per la Itma disegnati da Gandini e una Lancia Beta HPE personalizzata dallo stilista Nicola Trussardi) e ne rifiuta altrettanti. Quache esempio? Una sportiva firmata Cartier e motorizzata Jaguar e una monovolume marchiata Bulgari dotata di propulsore Alfa Romeo.

L’avventura Bugatti

L’amicizia tra Paolo Stanzani e Ferruccio Lamborghini è sempre solida e negli anni ’80 nasce l’idea di progettare nuovamente un’auto insieme. L’imprenditore interessato a finanziare il progetto – Romano Artioli, già concessionario Ferrari e importatore italiano delle Suzuki con la Autoexpo – propone di utilizzare il marchio Bugatti e Ferruccio – che voleva invece battezzare la nuova vettura con il proprio nome di battesimo – non partecipa all’iniziativa.

Artioli trova alcuni ettari di terreno edificabile nel comune di Campogalliano, in provincia di Modena, ma Stanzani – azionista di minoranza – comincia a notare che c’è qualcosa che non va: vengono spesi tanti soldi per la fabbrica senza sapere ancora cosa verrà prodotto lì dentro.

Paolo Stanzani inizia a progettare la vettura: opta per un motore decisamente evoluto (un 3.5 V12 da 550 CV a cinque valvole per cilindro con quattro turbo) e per un telaio scatolato formato da un involucro in alluminio.

La Bugatti EB110 a trazione integrale viene presentata nel settembre 1991 in occasione dei 110 anni dalla nascita di Ettore Bugatti.

Oltre ad essere l’auto di serie più veloce del mondo (336 km/h) è anche estremamente elegante: l’abitacolo è rifinito con pelle e radica.

Prima del lancio della vettura, però, Paolo Stanzani abbandona la Bugatti a causa di divergenze con Artioli (a causa di un aumento di capitale richiesto), il quale decide di optare per una scocca in fibra di carbonio, rifiutata dall’ingegnere bolognese per via di dubbi sulla resistenza di questo materiale.

Il debutto in F1

Paolo Stanzani debutta nel mondo delle corse – e più precisamente in F1 – con la Dallara nel 1991, reduce da un’annata deludente. Viene cambiato il motore – da Ford Cosworth a Judd – e l’ingegnere emiliano scopre di non poter intervenire sul propulsore in quanto i contratti di fornitura impediscono qualsiasi ingerenza da parte di componenti della scuderia.

Nonostante questo il team italiano termina all 8° posto nel Mondiale Costruttori e permette al finlandese JJ Lehto di chiudere al 12° posto il Mondiale Piloti dopo un terzo posto conquistato al GP di San Marino.

Nel 1992 Dallara raggiunge un accordo per montare i motori V12 Ferrari ma la situazione peggiora: 10° nel Mondiale Costruttori grazie ai due sesti posti di Pierluigi Martini in Spagna e a San Marino.

Nel 1993 la scuderia viene ribattezzata Lola dopo che il leader del marchio britannico Eric Broadley offre gratuitamente telai per rilanciare il proprio brand. L’annata è un disastro (neanche un punto) nonostante la presenza di due piloti validi come Michele Alboreto e Luca Badoer.

Nel 1994 la Philip Morris toglie la sponsorizzazione alla Scuderia Italia (responsabile dei team Dallara e Lola) in assenza di un progetto concreto di sviluppo. L’equipe italiana si fonde quindi con la Minardi e Paolo Stanzani viene nominato vicepresidente in quanto Giuseppe Lucchini (proprietario della squadra bresciana) decide di non entrare in prima persona nel progetto.

La Minardi termina al 10° posto il Mondiale Costruttori grazie ai due quinti posti di Pierluigi Martini in Spagna e Francia ma la stagione viene ricordata soprattutto per l’intervento di Stanzani in diretta televisiva Rai durante il GP di San Marino, quando dopo la morte di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna chiede (e in seguito viene redarguito da Bernie Ecclestone) di interrompere la corsa.

Nel 1995 la Minardi arriva nuovamente 10° nel Mondiale costruttori grazie al sesto posto di Pedro Lamy in Australia: visti i risultati deludenti Lucchini si toglie dal team e anche Paolo Stanzani, in qualità di uomo di rappresentanza della Scuderia Italia, è costretto ad andarsene.

Dopo le corse

Dopo l’avventura nel Circus Stanzani fonda una società, la Cogenergy, che progetta impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.