Dalla 15 CV alla C6, la storia delle ammiraglie Citroën

Smartworld
di Marco Coletto

Eleganza d'Oltralpe

Le ammiraglie Citroën sono tra le poche auto di lusso ad aver sedotto numerosi appassionati pur senza vantare un passaporto tedesco. Il modello attualmente in commercio, la C6, viene presentato al Salone di Ginevra del 2005 e ha uno stile estremamente originale, caratterizzato da gruppi ottici posteriori a “pinna”, da finestrini senza cornice e da un lunotto concavo ispirato a quello della CX, che ricorda quello della concept C6 Lignage, mostrata sempre a Ginevra nel 1999.

Due i motori al lancio, entrambi V6: un 3.0 a benzina da 211 CV e un 2.7 turbodiesel HDi da 204 CV. Nello stesso anno arriva un 2.2 HDi da 170 CV mentre nel 2009 sparisce il propulsore a benzina e il 2.7 viene rimpiazzato da un 3.0 da 241 CV. Nel 2010 abbandona le scene il 2.2 HDi.

Scopriamo insieme l’evoluzione dei modelli più eleganti del Double Chevron.

15CV (1938)

La variante più chic della Traction Avant, disegnata da Flaminio Bertoni e progettata da André Lefèbvre, è caratterizzata dalla trazione anteriore, dal telaio monoscocca, dalla carrozzeria in acciaio e dalle sospensioni a barra di torsione. Identica nel design alla 11CV, si differenzia per il cofano allungato in modo da offrire più spazio al propulsore.

Da non sottovalutare, inoltre, l’assenza del predellino (che permette di abbassare il baricentro migliorando in questo modo il comportamento stradale e riducendo al tempo stesso la resistenza aerodinamica), il vano che ospita la ruota di scorta integrato nella coda e il motore 2.8 a sei cilindri da 77 CV montato su supporti in gomma per attenuare le vibrazioni.

Nel 1939 la vettura diventa disponibile anche a passo lungo nelle versioni Limousine e Familiale. Nonostante lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la produzione si arresta solo nel 1942 e riparte nel 1946: gli esemplari di quell’anno sono esclusivamente in configurazione berlina con calotte in tinta anziché cromate.

La Six D (come “droite”, destra in francese, in quanto il motore gira da destra a sinistra invece che il contrario per ottimizzare il rendimento) debutta nel 1947, nel 1948 l’unica tinta disponibile è quella nera mentre nel 1950 le modifiche tecniche più rilevanti riguardano i paraurti dritti anziché curvi, le coppe ruota più grandi e la frizione monodisco anziché bidisco.

Nel 1953 torna la variante Familiale e nel 1954 la Six H con retrotreno idropneumatico affianca la Six D.

Quest’ultima sparisce dal listino, insieme alla Familiale, nel 1955.

DS (1955)

Un modello che ha fatto storia, sviluppato anch’esso (come la Traction Avant) dal duo Bertoni/Lefèbvre. Il progetto nasce ufficialmente nel 1938 ma è nel 1945 che comincia a diventare più concreto. Già nel 1952 la zona anteriore è praticamente identica a quella del modello di serie mentre nel 1954 si provvede a rialzare la zona posteriore (ritenuta troppo bassa) e ad inserire in cima al montante gli indicatori di direzione.

La vettura definitiva viene svelata al Salone di Parigi ed è talmente ricca di soluzioni innovative che riceve 80.000 ordini al lancio nonostante il prezzo elevato. La DS19 monta un motore 1.9 da 75 CV derivato da quello della 11BL. Nel 1958 debutta la versione Cabriolet (oggi richiestissima sul mercato delle storiche) e al Salone di Parigi dello stesso anno arriva la Prestige (prodotta in soli 29 esemplari), contraddistinta da un divisorio tra le due file di sedili.

Nel 1959 l’introduzione di prese d’aria all’altezza dei parafanghi anteriori consente di raffreddare meglio il propulsore, nel 1961 – in occasione di un lifting alla plancia – la potenza del propulsore sale fino a quota 83 CV e nel 1962 il frontale viene reso più aerodinamico.

Il cambio manuale optional viene introdotto nel 1963 mentre nel 1964 viene lanciata la lussuosa versione Pallas. Disponibile esclusivamente con una vernice grigia palladio con tetto grigio scuro, monta fari alogeni supplementari, montanti posteriori più lisci e sedili più imbottiti.

Nel 1965 è la volta della DS21 (pneumatici maggiorati e motore 2.2 da 109 CV). Nello stesso anno la DS19 abbandona il 1.9 per passare ad un 2.0 da 90 CV e nel 1966 i sedili diventano regolabili su tre posizioni.

Il profondo restyling del 1967 porta gruppi ottici carenati (per migliorare l’aerodinamica) composti da due proiettori: quello interno (abbagliante) ruota insieme allo sterzo per seguire le curve e garantire una migliore illuminazione di notte.

Un sistema innovativo che non è però disponibile in Italia.

Nel 1968 la 20 monta il 2.0 portato a 103 CV e la potenza della 21 aumenta fino a 115 CV. Nello stesso anno viene lanciata la station wagon Break: la carrozzeria è la stessa delle ID Break ma sotto la pelle si nascondono il propulsore 2.0 e il servofreno. Nel 1969 i fari orientabili diventano legali anche nel nostro Paese, il cambio manuale sparisce dal listino degli optional della 20 e debutta la 21 I.E. ad iniezione elettronica con 139 CV.

La 20 diventa disponibile nell’allestimento Pallas (che guadagna i fari anabbaglianti allo iodio) nel 1970, anno in cui viene lanciata la Break 21, e nel 1971, in concomitanza con l’uscita di scena delle Cabriolet, arrivano il clacson a tromba e le maniglie esterne incassate.

Nel 1972 le 23 – dotate di un 2.3 da 123 CV o 141 CV (ad iniezione elettronica) – rimpiazzano le 21 e nel 1973 la 23 Break esce di produzione.

CX (1974)

Il progetto dell’erede della DS nasce già intorno alla metà degli anni Sessanta ma la priorità data ad altri modelli porta a ritardare il lancio. Non è un periodo facile per la Casa francese – tanti soldi spesi per lo sviluppo della compatta GS, per il motore rotativo Wankel e per l’acquisizione della Maserati – e per questo motivo i contenuti della nuova ammiraglia non sono molto innovativi: i propulsori derivano dalla DS (così come le sospensioni idropneumatiche) e non sono previsti i fari direzionali.

Viene quindi deciso di puntare sul design: lo stile è originale, con forme che ricordano quelle della GS e di un prototipo creato dalla Pininfarina per la BMC e successivamente rifiutato dal brand britannico. Tra gli elementi più curiosi segnaliamo il lunotto concavo e il noto volante monorazza ma manca il portellone posteriore.

Il motore al lancio è un 2.0 a benzina da 102 CV simile a quello della DS ma inclinato di 30° per consentire ai designer di realizzare una vettura più aerodinamica.

Per la prima volta nella storia della Casa transalpina il propulsore è montato trasversalmente: una soluzione dovuta alla presenza di un cambio con molti elementi in comune con quello montato dalla Lancia Beta.

Il debutto ufficiale avviene al Salone di Parigi: il nome prende spunto dall’eccellente coefficiente di penetrazione aerodinamica mentre gli interni sono caratterizzati dalla strumentazione a tamburo rotante (la lancetta rimane fissa, i numeri si muovono). Molti appassionati la considerano l’ultima vera Citroën in quanto è l’ultima ad essere stata progettata in completa autonomia senza il supporto di Peugeot.

Nel 1975, in concomitanza con la conquista del prestigioso premio di Auto dell’Anno, arriva la 2200 con un 2.2 da 112 CV derivato dall’unità adottata dalla DS21. Quando la DS esce di scena la gamma si allarga: gli allestimenti Normale ed Economique vengono rimpiazzati dalla Confort e arrivano anche la Super e la Pallas. Debuttano la station wagon Break e la 2200 Diesel con un 2.2 da 66 CV e il cambio semiautomatico diventa optional per la 2200 a benzina.

Nel 1976 è la volta della 2400 Prestige con un 2.3 da 115 CV (che rimpiazza i 2.2) e un passo più lungo di 25 centimetri (lo stesso della Break). Debuttano inoltre la Ambulance e la Break Familiale con tre file di sedili e otto posti a sedere. Nel 1977 tocca alla 2400 GTi con un 2.4 ad iniezione da 128 CV, propulsore montato anche dalla Prestige Injection.

Il 1978 è l’anno in cui arrivano i primi aggiornamenti estetici. Vengono inoltre lanciati un motore 2.5 diesel da 75 CV e la 2400 Pallas Injection: monta il motore della GTi, ha il passo corto e una dotazione ricca di elementi lussuosi. Nel 1979 debuttano le cinture di sicurezza posteriori, viene ridisegnata la consolle centrale, sparisce la 2200 Diesel e viene presentata la Limousine 2500 Diesel. La Prestige perde il 2.4 a carburatore e arriva un nuovo 2.0 da 106 CV realizzato in collaborazione con la Renault.

Nel 1980 la potenza del 2.4 a carburatore passa da 115 a 120 CV e le unità ad iniezione beneficiano di un incremento di coppia mentre nel 1982, in concomitanza con un brusco calo delle vendite, vengono cambiate le denominazioni.

Due nuovi motori – un 2.5 a benzina da 138 CV e un 2.5 turbodiesel da 95 CV (quest’ultimo abbinato anche alla Limousine) – entrano in listino nel 1983 e nel 1984 tocca alla GTi Turbo, con un 2.5 da 168 CV.

In occasione del restyling del 1985 i paraurti in metallo diventano in plastica, i passaruota diventano più larghi e vengono ridisegnati gli specchietti retrovisori e la strumentazione (addio al tamburo rotante). Debutta un 2.2 da 115 CV, entra in listino la Prestige Turbo (dotata della stessa unità della GTi Turbo) e se ne va la 25 D Pallas.

Nel 1986 è la volta della 25 GTi Turbo 2, disponibile anche con il catalizzatore (potenza calata a 160 CV) e consumi più contenuti. Viene lanciata anche la Prestige Turbo 2 mentre sparisce la Limousine D Turbo. Nel 1987 la 25 D Turbo 2 passa da 95 a 120 CV e diventa la berlina a gasolio più veloce del mondo e nel 1988 spariscono la 25 RI e la 25 TRD.

XM (1989)

Lo stile dell’erede della CX viene affidato a Bertone: la proposta del carrozziere torinese viene preferita a quella del Centro Stile Citroën, considerata troppo simile all’antenata.

Presentata ufficialmente al Salone di Ginevra e realizzata sullo stesso pianale della Peugeot 605, ha un design originale, aerodinamico (per ridurre i consumi) e ricco di spigoli e un abitacolo con sedili posteriori leggermente rialzati per garantire una buona visuale anche a chi si accomoda dietro.

L’abitacolo è più spazioso di quello della CX (merito del passo allungato, della carreggiata allargata e dell’altezza aumentata) e grazie ad un lunotto supplementare è isolato dall’esterno anche quando si apre il portellone. Non ci sono più le ruote posteriori semicarenate (elemento distintivo delle vetture del Double Chevron) ma non mancano alcune “chicche” come i sedili anteriori regolabili elettricamente.

I motori al lancio sono cinque: un 2.0 da 107, 115, 121 e 128 CV e un 3.0 V6 da 167 CV.

Pochi mesi più tardi arrivano un 3.0 da 200 CV e le varianti a gasolio: 2.1 da 83 CV e turbodiesel da 110 CV. Nel 1990 l’ammiraglia transalpina si aggiudica il prestigioso premio di Auto dell’Anno.

Al Salone di Francoforte del 1991 viene presentata la station wagon Break, che monta gli stessi propulsori della berlina tranne il 2.0 a carburatore. Nel 1992 spariscono i motori a benzina non catalizzati e tutti i due litri, rimpiazzati da un 2.0 sovralimentato da 141 CV.

Il restyling del 1994 porta una mascherina con il logo spostato dal lato al centro, paraurti più massicci e lo spoiler posteriore ridisegnato. Il cruscotto rivisto è simile a quello della sorella minore Xantia e il volante a due razze lascia spazio ad un quattro razze. Vengono inoltre risolti i difetti di affidabilità della serie precedente, arriva un 2.0 da 132 CV, la 2.0 turbo passa da 141 a 147 CV e abbandona le scene la 2.1 diesel aspirata, sostituita da un 2.5 turbodiesel da 129 CV. Nel 1997 arriva un 3.0 da 190 CV.