Ferrari Testarossa: mettiamo alla prova questa classica flat 12

Ferrari Testarossa
Smartworld
di Henry Catchpole

Non ha una grande reputazione dinamica: scopriamo se le critiche sono meritate

Se sfogliate gli ultimi 105 numeri di EVO non troverete una sola prova della Ferrari Testarossa. Lo so, a questo punto molti di voi saranno già saltati sul divano, dal letto o da dove di solito leggete le riviste, pronti a controllare se sto dicendo la verità. Non c’è mai stato un test della Testarossa su EVO: ho controllato.

All’inizio sembra una svista imperdonabile perché, se facciamo una classifica delle auto più gettonate nei poster da muro, la Testarossa si piazza seconda dietro la Countach. È un’icona: su questo non c’è dubbio. E allora perché noi di EVO non ne abbiamo mai parlato? Beh, perché questa rivista parla di emozioni alla guida e la Testarossa dinamicamente ha una pessima reputazione. Nella rubrica che anni fa scriveva su EVO UK, Gordon Murray l’ha definita “terribile” e se cercate su Google “handling Testarossa” vi accorgerete che siti e forum non ne parlano molto bene.

Ma se la vedi lì sulla strada, pronta a mordere l’asfalto, non puoi credere alle brutte cose che dicono di lei. Non per niente era protagonista anche nel mitico videogioco Sega Out Run (anche se, stranamente, si trattava di una cabrio, ma l’unica Testarossa Spider mai prodotta – in grigio – apparteneva a Gianni Agnelli). Questa icona assoluta non può non comparire tra le pagine di EVO. Ecco perché oggi corriamo ai ripari: finalmente la guideremo e scopriremo se la sua pessima reputazione dinamica è meritata o se, a quasi trent’anni dal debutto al Salone di Parigi del 1984, le dobbiamo tutti delle scuse. Lo scopriremo con l’aiuto delle strade del Galles e del circuito di Llandow.

L’auto che vedete in queste pagine appartiene a Peter Dietsch: è sua da dieci anni e non ha la minima intenzione di venderla.

La vettura è del 1986 e si capisce subito che è uno dei primi esemplari, basta guardare lo specchietto retrovisore singolo. Anche i cerchi tradiscono la sua età: le più recenti hanno i cerchi con cinque dadi al posto del monodado. Peter l’ha comprata in Svizzera e l’ha usata in diverse occasioni come auto per tutti i giorni. Ha fatto un paio di modifiche non standard, tra cui la sezione inferiore dipinta (in origine era nera) che però le dona molto (non per niente le ultime 512 TR avevano questa modifica di serie).

Guardando sotto il pannello posteriore si vedono, non solo le teste rosse dei cilindri che danno all’auto il suo nome, ma anche un enorme sistema di aspirazione GruppeM in carbonio, che secondo Peter non aggiunge nulla alle prestazioni ma è fantastico da vedere. L’altro dettaglio non standard nel vano motore è il foglio d’oro (come sulla McLaren F1) che Peter si è procurato tramite il team di Formula 1 per cui lavorava all’epoca.

Il nostro test parte davanti alla Premier Inn sull’autostrada M4 (io e il fotografo Dean Smith siamo appena arrivati, viaggiando di notte, dal Galles dove abbiamo partecipato alla prova delle spider che vedete su questo stesso numero). Dopo aver trovato la maniglia della portiera nascosta sotto la prima presa d’aria della fiancata, salto sul sedile del passeggero per una tirata tra le colline.

La prima cosa che mi colpisce è l’idea di spazio nell’abitacolo. La plancia in pelle nera addossata al parabrezza dà un senso di spaziosità e anche la visuale è ottima. Peter gira la chiave e immediatamente – senza la solita trafila a cui siamo ormai abituati con le supercar – il flat 12 da 390 CV e 490 Nm si risveglia rivelando a tutti in un raggio di chilometri l’ultima modifica apportata da Peter: gli scarichi Larini.

Dopo il concerto inziale degli scarichi, in autostrada la Testarossa si fa più civile, assestandosi a un ritmo veloce ma rilassato a regime piuttosto contenuto.

Lasciata la M4 multicorsia, nelle strette stradine dei villaggi comincio ad avere qualche preoccupazione per quando toccherà a me guidare: quelle fiancate gialle all’improvviso sembrano larghissime.

«Devi solo ricordarti che il posteriore è più largo dell’anteriore», dice Peter. «Per il resto è facilissima da guidare».

Non ho mai visto una giornata più bella. Non c’è una nuvola in cielo e soffia un leggero venticello che ti permette di cuocerti per bene senza nemmeno accorgertene. Parcheggiata a lato della strada, vista da dietro, con quelle sue linee Pininfarina, la Testarossa è incredibile. La griglia nera che si allunga per tutto il posteriore la fa sembrare ancora più larga, anche se non è solo un’impressione: con i suoi 1.976 mm, la Testarossa supera qualsiasi altra Ferrari attuale.

Da altre angolazioni è meno affascinante: lo specchietto unico è interessante ma anche strano e la presa d’aria singola (che serve a raffreddare l’olio) sotto il faro dallo stesso lato accentua lo squilibrio visivo. Di profilo si nota anche l’enorme sbalzo del cofano ma quando Peter mi porta a fare un giro sulla strada tra le colline, questi squilibri si sciolgono come neve al sole. Quando corre tra le rocce frastagliate e l’erba di questo paesaggio gallese, la Testarossa è spettacolare esattamente come trent’anni fa.

Finalmente tocca a me guidare. Quando apro la portiera scopro che l’entrata non è proprio agevole. Mentre il sole sale nel cielo, la temperatura dell’abitacolo in pelle nera cresce lentamente e inesorabilmente ma per fortuna, con quel poggiatesta allungato e il sedile confortevole e sostenitivo, almeno la seduta è comoda.

Anche se c’è molto più spazio che sulla Countach, la posizione di guida è altrettanto strana, con i pedali ben distanziati tra loro ma disallineati e il volante inclinato all’indietro.

La bellissima leva del cambio con la prima a sinistra invece è a portata di mano e il pomello nero (leggermente più piccolo di una palla da golf) sta perfettamente nel palmo della mano.

Quando si gira la chiave, il motore si accende con una prontezza rassicurante. Con tutta quella coppia, quasi non serve premere l’acceleratore, basta far salire il regime poco oltre il minimo e rilasciare la frizione fino al punto di attacco per partire. Lo sterzo senza servo, a velocità di manovra è stranamente pesante, ma non appena si aumenta il ritmo si alleggerisce, a tal punto che ti viene il dubbio che, dopotutto, il servosterzo ci sia. La corona è sottile, con la parte posteriore arrotondata e quella anteriore piatta che crea la presa ideale per le mani.

In alcuni cambi a gabbia aperta di Maranello la seconda è un po’ dura ma la macchina di Peter non ha questo problema. La terza, la quarta e la quinta, poi, sono fluidissime. La visuale è ottima (anche se dal posto di guida non si vede lo stupendo muso che si allunga davanti a voi) e si percepisce chiaramente il posteriore più largo (Peter mi aveva avvertito). Capisco perché dopo il 1986 a Maranello hanno deciso di aggiungere un secondo specchietto: si sente che manca qualcosa. Di tanto in tanto devo allargare verso destra fino a sentire sotto le gomme i catarifrangenti sulla mezzeria per capire a che punto della carreggiata mi trovo. Dopo l’ampiezza dell’auto, devo abituarmi anche alla sua guida perché pur essendo in generale abbastanza morbida, sulle buche e sconnessioni è molto controllata.

La star dello show è il motore.

È semplicemente magnifico: così docile, ha spinta da vendere e un’accelerazione che cresce progressivamente fino ai 6.500 giri.

In curva è il dodici cilindri a definire il comportamento della Ferrari Testarossa. I piccoli cerchi da 16 pollici, avvolti da gomme con la spalla da 50 fanno la loro parte però è qui, per la prima volta, che si sente davvero il peso di quei 12 cilindri che oscillano leggermente e influenzano l’equilibrio della sezione di auto dietro le vostre spalle. È una sensazione indimenticabile.

Il problema è che quel Colombo flat 12 longitudinale (non è un boxer perché i cilindri non hanno le teste di biella separate e quindi tecnicamente è un V12 con un’angolazione di 180 gradi) è montato centralmente insieme alla scatola del cambio e del differenziale e genera un baricentro da ippopotamo su un’altalena di una gabbia per canarini. La cosa migliore da fare quando si è al volante è rilassarsi, non esagerare con il gas e godersi la spettacolarità della Testarossa.

In fin dei conti è uno dei posti migliori in cui stare.

Al semaforo, sulla strada per Llandow, il suo sound borbottante al minimo sembra quello di una Can-Am ai box a Goodwood. A un certo punto faccio l’errore di abbassare il finestrino in galleria. Avendo la guida a sinistra, sono così attaccato alla parete del tunnel che il sound che rimbomba contro le pareti mi travolge a tutta forza come un uragano. Ci manca poco che mi spacchi i timpani. Con il lavoro che faccio ne ho sentite di macchine rumorose, ma nessuna stradale si avvicina alla violenza di questa Testarossa. Quando ci fermiamo nel paddock di Llandow ho ancora le orecchie che mi ronzano.

«Vi ho sentito arrivare», ci dice il proprietario della pista, a conferma della potenza del sound della Rossa. Llandow è un circuito piccolo ma molto veloce, la parte più caratteristica sono le due curve veloci verso destra che portano ai box e al secondo rettilineo.

Qui non puoi fare grandi numeri, ma è comunque meglio di una strada per saggiare l’handling della Testarossa. Non ricordo l’ultima volta che ci sono andato così cauto nell’esplorare i limiti di una macchina, aumentando progressivamente la pressione su gomme e telaio, giro dopo giro. All’inizio, l’anteriore spinge più di quanto mi aspetti e avantreno e retrotreno hanno molto più grip del previsto, ma poi mi rendo conto che sono io che sto centellinando la potenza nelle curve per paura di perdere il controllo.

Con l’aumentare della velocità, sono le curve più lunghi e veloci a dimostrarsi le più impegnative e spaventose. Si carica l’anteriore, poi si apre il gas in anticipo e si esce dalla curva con l’auto che passa da un leggero sottosterzo a un minimo sovrasterzo in uscita a causa del peso posteriore che ti spinge fuori. Lo sterzo ora è più pesante perché le ruote sono più cariche e anche se non sono del tutto insensibili, la combinazione di spalla alta e notevole rollio riduce molto la comunicazione tra voi e la strada.

I freni non sono stati progettati per la pista, quindi bisogna rallentare per tempo e progressivamente, altrimenti interviene ben presto il fading a rovinarvi la festa. Frenare decisi e in ritardo è il miglior modo per mandare fuori traiettoria l’auto ma, adesso che ci penso, questo in pista non è sempre un male… Per fortuna Llandow è più piatta del motore della Rossa perché non ci tengo a scoprire come si comporterebbe la Ferrari a tutto gas in una curva in contropendenza o su un dosso. Se entri in curva troppo velocemente e poi sollevi il piede dal gas devi essere un buon manico, perché con quel baricentro così alto e spostato al posteriore l’auto tende a oscillare come un pendolo quando il peso si trasferisce alla ruota posteriore esterna, già carica di suo.

Solo due cose impediscono di finire contro il muro: il motore aspirato che rende l’erogazione lineare e gestibile e la quantità di controsterzo.

Quando l’auto smette di oscillare e parte in sovrasterzo bisogna reagire in fretta per tenere a bada il traverso e anticipare il momento in cui l’auto ritroverà il grip raddrizzando il volante prima di ritrovarsi a derapare dall’altra parte. Se ci riesci, ti senti un mago del volante, ma anche uno a cui è mancato poco per morire di infarto: forse è per questo che non si vedono molte foto di Testarossa in derapata.

Tornato ai paddock, non posso fare a meno di restare qualche minuto a osservare ammirato questa belva gialla prima che Peter se la riprenda. Dopo averla guidata per un giorno sono finalmente diventato un suo fan (quando ero piccolo il mio vero mito di Maranello era la 288 GTO) e adesso cerco di trovarle un posto nel mio parco auto dei sogni.

Capisco perché vendeva così bene in America, e non è un insulto. La Testarossa non cerca di essere allo stesso tempo una belva da trackday e un’auto con cui divorare continenti come vuole fare la F12, perché anche se è divertente e impegnativa da domare in pista, è a tutti gli effetti una stradale studiata per i lunghi viaggi e le strade più belle. Il suo handling è intimidatorio, su questo non c’è dubbio, ma di sicuro si merita un posto tra le pagine di EVO.

Scheda Tecnica

Motoreflat 12, 4.943 cc
Potenza390 CV @ 6.300 giri
Coppia490 Nm @ 4.500 giri
Trasmissionecambio manuale a 5 marce, trazione posteriore, diff. a slittamento limitato
Sospensioni ant.doppi bracci, molle elicoidali, ammortizzatori, barra antirollio
Sospensioni post.doppi bracci, molle elicoidali, ammortizzatori, barra antirollio
Frenidischi autoventilati da 309 mm ant. e 310 mm post., ABS
Cerchi8x16" ant. 10x16" post.
Pneumatici225/50 VR16 ant., 255/50 VR16 post.
Peso1.505 kg
Potenza-peso259,1 CV/tonnellata
0-100 km/h5,8 secondi (dichiarati)
Velocità290 km/h (dichiarata)
Prezzo auto nuova83.173 euro (1984)
Valore attuale40-65.000 euro

Ferrari Testarossa

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La supercar più amata degli anni Ottanta

La Ferrari Testarossa è una delle supercar più desiderate degli anni Ottanta. La sportiva di Maranello ha un design ancora oggi seducente – opera di Pininfarina – ma non ha una grande reputazione dinamica.

Caratteristiche principali

Presentata al Salone di Parigi del 1984, nasce per rimpiazzare la 512 BB (vettura con la quale condivide buona parte della base tecnica). I primi esemplari si riconoscono per la presenza di un solo specchietto retrovisore situato in posizione rialzata mentre i modelli costruiti dal 1986 sono più “tradizionali” sotto questo punto di vista.

Il motore

Il motore della Ferrari Testarossa è un 4.9 a 12 cilindri a V di 180° da 390 CV e 490 Nm che permette alla coupé del Cavallino di raggiungere una velocità massima di 290 km/h e di accelerare da 0 a 100 km/h in 5,8 secondi.