Lo dico subito, sul marchio Skoda sono un po’ di parte. Intanto perché queste spartane vetturette colorate prodotte in Cecoslovacchia (prima della separazione dalla Boemia) negli anni Cinquanta e Sessanta mi hanno sempre intenerito. E poi, perché, estetica a parte, diversamente dalla produzione di automobili della DDR, le Trabant, o dell’URSS, le Uaz, le Zigulì, in Skoda, in nome di un passato da industria d’eccellenza, hanno sempre cercato di costruire buone auto, le più moderne possibili, nonostante i vincoli gestionali del socialismo applicato in quei Paesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Skoda ha una lunga e importante storia da industria meccanica pesante: giusto per capirsi, ha prodotto cannoni per l’esercito imperial-regio austriaco (1914-1918, famoso l’obice da 300 mm), poi negli anni Trenta automobili di lusso come la Superb, una specie di Isotta Fraschini, e, dagli anni cinquanta macchine popolari e addirittura vetturette da competizione, nella classe 1000-1500, tipo le nostre Abarth, schierandone una perfino a Le Mans, proprio nel 1950, arrivata seconda di categoria.
Insomma, tutto questo per dire che il marchio ha una sua reputazione ad Est, mentre è stato sempre considerato un acquisto supereconomico in Occidente. Fino a trent’anni fa, quando entrata nell’orbita del gruppo Volkswagen, Skoda dà progressivamente addio al posizionamento low cost per proporsi come auto con una sua personalità e tecnologia di avanguardia. Ovvero, costa un po’ meno di una VW, ma ha contenuti – come si dice – di pari livello. E all’interno della gamma Skoda, quasi un brand a sé – Octavia (nata proprio 25 anni fa) ha sempre avuto un suo pubblico di estimatori che fosse berlina o station, a due o quattro ruote motrici (addirittura).
L’ultima edizione di Octavia, di cui qui ci occupiamo e che vedete a fianco della prima nella gallery a fine articolo (nella posizione 4/9), è stilisticamente ancora più curata e – in omaggio ai tempi sempre più elettrificati – disponibile anche in versione mild hybrid, con un sistema motori che sposa un 1.500 cc da 150 cavalli a un alternatore che funge da booster quando si parte, si accelera o si riprende, aiutando il quattro cilindri nelle situazioni più critiche per i consumi.
Due sensazioni vorrei trasmettere: la prima è quella della solidità.
Aperta la portiera, impugnato il volante, pochi chilometri e la Octavia restituisce un feeling di auto ben costruita, materiali e plastiche nobili, ergonomia ben studiata. In autostrada la cosa si traduce in una elevata insonorizzazione, sulle provinciale in una facile e sicura guidabilità, con l’auto che può entrare decisa in curva, appoggia senza esitazioni e se si vuole si fila anche belli spediti, i cavalli ci sono e l’elettrificazione se serve aiuta. La seconda sensazione è di viaggiare in una vettura di classe. Esatto. Agli amici, quelli più scettici, quelli che dicono sarà come una … (scusate immaginatela, non posso dirlo), li prendo a bordo di sera, senza dir loro su quale auto si viaggi: voilà mi chiedono di mettersi al volante.
Infine qualche dato tecnico: il motore è un quattro cilindri turbo benzina 1.500 cc da 150 CV abbinato a un cambio automatico DSG a doppia frizione a sette rapporti. Con il sistema mild hybrid ben usato si arriva a un risparmio di benzina dell’8%, non male. Di serie sette airbag, gruppi ottici anteriori e posteriori a LED, sistemi avanzai di assistenza alla guida (a seconda delle versioni) ma con Frenata assistita (riconoscimento pedoni e ciclisti) e mantenimento della carreggiata comunque già dalla versione di ingresso, la Ambition. Offerta a un prezzo assai interessante, 23.900 euro. Perché si può essere popolari senza diventare low cost.