Lorenzo Savadori, l’intervista: “Quando mamma mi diceva di andare piano…”

Lorenzo Savadori
Smartworld
di Cristina Marinoni

Dalle minimoto alla WorldSBK, passando per famiglia, obiettivi, pregi e difetti: conosciamo meglio il pilota romagnolo

Campione del mondo della Superstock 1000 l’anno scorso sull’Aprilia (primo titolo nella categoria per la casa costruttrice di Noale), nel 2016 Lorenzo Savadori si meritava la promozione nella WorldSBK.

Com’è andato il debutto? A due tappe dalla fine del Mondiale, il 23enne pilota dello Iodaracing Team è decimo in classifica e negli ultimi round ha dimostrato di avere la stoffa per lottare con i migliori.

Ecco perché il rider di Cesena continuerà a guidare la RSV4 nel prossimo biennio, nel box nuovo di zecca del Milwaukee Aprilia Racing Team insieme a Eugene Laverty, di ritorno dalla MotoGP.

Dice ‘Sava’: “Speravo proprio di rimanere in sella alla RSV4: è una moto molto competitiva. Rispetto alla Stock alla quale ero abituato, la derivata è più sofisticata e bisogna mettere a punto tantissimi dettagli, devo ancora prendere bene le misure”.

Una difficoltà che hai incontrato?

“Non è stato facile trovare la regolazione giusta tra tante, in parte a causa dei test che avevo saltato a inizio stagione: abbiamo cominciato a lavorare quando il campionato era dietro l’angolo e ho macinato pochi chilometri.

Nel 2017 sono sicuro che, lavorando sodo, avremo le carte in regola per andare forte, anche grazie all’esperienza di questi mesi”.

Se dovesse arrivarti la proposta di passare alla classe regina?

Non ora. La MotoGP è il sogno, ma il mio obiettivo è crescere in WorldSBK, qui mi trovo bene“.

Cos’ha di speciale questo Mondiale?

“Il cilma tranquillo. E le gare molto spettacolari”.

Quando hai scoperto la passione per le moto?

“Da piccolo. Un giorno, sul divano di mia nonna, ho visto per caso una gara di minimoto in tv.

Accanto a me c’era mio padre, ex pilota di motocross ed enduro che aveva già smesso di correre quando sono nato io.

Presi dall’entusiasmo, siamo andati al noleggio; ne ho provate alcune e, per un anno, ho fatto pratica su una di quelle”.

Poi cos’è successo?

“Sono caduto, ho preso paura e non sono salito in moto per un anno.

Ho ricominciato a 7 anni da capo, come se fosse la prima volta, e non ho più smesso.

Merito della mia famiglia: senza il sostegno – morale ed economico – di mamma e papà, starei facendo altro adesso”.

Per esempio?

“Non lo so. Di sicuro avrei finito le Superiori, mi sono fermato alla terza Liceo della Comunicazione perché non riuscivo a conciliare scuola e motori: ho esordito nel Mondiale 125, a 15 anni.

Il diploma, però, voglio prenderlo”.

Chi era il tuo idolo, all’epoca?

“Ho sempre tifato per i piloti italiani, ma da ragazzino stravedevo per Troy Bayliss e Casey Stoner.

Mi piaceva un sacco anche Max Biaggi per la sua metodicità e gli ho chiesto qualche consiglio, come a tutti: peccato che nei weekend di gara non ci sia tempo per parlare di più con Chaz Davies, Jonathan Rea o Tom Sykes, li stimo come piloti e come persone“.

Il tuo mito di oggi?

“Valentino Rossi, un’icona. Gli anni passano e non finisce mai di stupire, è ancora in forma smagliante. L’ho conosciuto nel 2009 e sarei felice di girare con lui al ranch, basta che mi chiami e arrivo!”.

Un paio di tuoi pregi e difetti sul lavoro?

“Do l’anima, infatti il mio motto è ‘Nessuno ti regala niente’. E sono curioso: amo imparare cose nuove e capire come funzionano.

Un difetto è che sono aggressivo, però in pista è un pregio, nei duelli la grinta serve a tonnellate, e sono preciso: guai se qualcuno cambia posto a un oggetto (ride, ndr). Sono super ordinato, insomma; anche nella vita, non solo nel paddock“.

Come trascorri le giornate libere?

“In moto, motocross o motard, oppure sto con gli amici, purtroppo di rado perché sono spesso via, ed esco in bici o a piedi: stare in mezzo alla natura mi rigenera.

Vado matto per lo snowboard, ma non lo pratico per evitare infortuni, e il calcio: tifo per il Cesena, la mia città”.

In due giorni sei impegnato in due gare: come gestisci la pressione del doppio “turno”?

“Cerco di rilassarmi.

Per esempio, ceno in hospitality in compagnia, e poi mi fermo con i ragazzi del team: tra chiacchiere e battute, riesco a staccare il cervello dalla griglia di partenza.

Se ho bisogno di una parola buona in un momento difficile, mi vengono in soccorso Daniele Soglia ed Enrico Manzoni, che mi seguono in ogni tappa. Sarò in debito con loro a vita, lo fanno per hobby”.

I tuoi genitori non viaggiano con te?

“Mio padre sì, appena può: non si perde i round italiani, ma all’estero fatica a spostarsi perché lavora. La passione non gli è diminuita, anzi: va in giro per la pista e supervisiona l’attività frentica nel box, senza intralciare“.

Tua madre, invece?

“Non è mai venuta in circuito. Si preoccupa così tanto che non guarda nemmeno la gara in diretta in tv. Quando correvo con le minimoto, mi diceva ‘Vai piano, mi raccomando!’: figurati la sua apprensione ora che guido un 1000 di cilindrata”.

Tu non le hai mai dato retta, giusto?

“Giusto, per forza! Le rispondevo: ‘Mamma, come faccio ad andare piano? Piuttosto resto a casa!’.

C’è voluto del tempo, ma poi mi ha dato ragione e adesso mi saluta con un ‘in bocca al lupo’, il migliore augurio che si possa ricevere uno sportivo”.

(Foto: Dario Aio)